Nel mese di novembre il livello medio dei prezzi al consumo si è ridotto dello 0,1% rispetto al mese precedente. Ciò conferma sia la debolezza, ormai grave, dei consumi delle famiglie che la natura strettamente fiscale dell’incremento congiunturale dei prezzi registrato ad ottobre, attribuibile, quindi, interamente alla variazione dell’aliquota Iva. Questo il commento dell’Ufficio Studi di Confcommercio alle stime sull’inflazione diffuse dall’Istat.
Come chiarisce l’Istat in un recente documento, le tendenze inflazionistiche mediamente presentatesi nel corso del 2011 sono di origine esterna e legate, in particolare, ai rialzi delle quotazioni delle materie prime energetiche, industriali e alimentari. Il contributo deflazionistico dell’ultimo mese è derivato principalmente dalla riduzione dei prezzi di alcuni servizi, in particolare alberghi e pacchetti vacanza. Un andamento determinato non soltanto da effetti stagionali ma, soprattutto, dal permanere di elementi di difficoltà della domanda che spingono in molti casi le famiglie a ridimensionare i consumi reputati meno necessari.
Questa situazione – prosegue la nota – ha spinto molte imprese, almeno fino ad oggi, a non traslare integralmente gli aumenti derivanti dall’innalzamento dell’IVA sui prezzi finali. La redditività delle imprese, soprattutto piccole, si è dunque ulteriormente ridotta, mettendo a rischio la possibilità di sopravvivenza di molte aziende.
I nuovi dati sul mercato del lavoro non mostrano miglioramenti. La pure modesta ripresa dei livelli occupazionali si è interrotta a settembre e non è ripartita ad ottobre.
Consumi declinanti e disoccupazione crescente (all’8,5%) – conclude l’Ufficio Studi – sono, quindi, le principali evidenze di uno stato critico dell’economia, sul quale potrebbero innestarsi le molte nuove imposte di cui oggi si discute. Circostanza che consoliderebbe definitivamente l’intonazione recessiva dell’intero sistema produttivo.