Fisco e imprese: è l’Irap la tassa più “odiata”

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Confcommercio ha realizzato, in collaborazione con Format ricerche di mercato, un’indagine sull’opinione delle Pmi sulla pressione fiscale e contributiva in Italia. Più del 68% degli imprenditori prevede un aumento della pressione fiscale nei prossimi due anni e l’80% denuncia una mancanza di equità fiscale nel nostro Paese; un’impresa su due vede nell’inefficienza della pubblica amministrazione la principale causa del peso eccessivo della pressione fiscale nel nostro Paese, seguita dalla necessità di coprire l’elevato debito pubblico (46,8%); Irap, è la tassa ritenuta più ingiusta e gravosa per oltre il 90% delle imprese; imprese disposte alla riduzione dell’utilizzo del denaro contante come strumento per combattere l’evasione purchè questa misura venga accompagnata da una riduzione dei costi delle transazioni e dalla concessione gratuita dei POS agli esercizi commerciali; l’aumento dell’Iva è la misura, tra quelle ipotizzate per contrastare la crisi, che raccoglie la quota maggiore di contrari (85%); per rendere il nostro sistema fiscale più equo, gli interventi prioritari sono, nell’ordine, eliminazione dell’Irap, introduzione di agevolazioni fiscali per l’assunzione di giovani e per il reinvestimento degli utili, semplificazione di norme e adempimenti; e, per superare la crisi, oltre la metà delle imprese chiede al nuovo Governo Monti di ridurre le tasse.

Il livello della pressione fiscale e contributiva
In tre anni non è cambiata la percezione delle imprese in merito alla pressione fiscale, considerata sempre troppo elevata. La pressione fiscale veniva considerata troppo elevata dal 98,5% del campione nel 2009, la continuano a pensare nel medesimo modo il 98,6% degli imprenditori nel 2011.

Equità fiscale
Otto imprenditori su dieci ritengono che in Italia non ci sia equità fiscale e contributiva, ovvero indipendentemente dal peso della pressione fiscale e contributiva esercitata sulle imprese, in Italia non c’è equità fiscale e le imprese non sono chiamate a pagare le tasse secondo leggi eque e giuste. Lo affermano il 79,4% delle imprese. Soltanto il 18,1% degli imprenditori ritiene eque e giuste le tasse cui sono soggetti.

Le cause della pressione fiscale
Quali sono, secondo le imprese, le ragioni di un peso della pressione fiscale e contributiva sulle imprese talmente elevato da non consentire a molte di loro di riuscire a farvi fronte? Oltre la metà degli imprenditori attribuisce il peso della pressione fiscale alla cattiva gestione della P.A. (51,2%) mentre il 46,8% alla necessità di coprire l’elevato livello del debito pubblico.

La capacità delle imprese di fare fronte alla pressione fiscale
L’8,4% degli imprenditori dichiara di non essere riuscito a fare fronte al pagamento delle tasse nel corso degli ultimi due anni (in questo caso è dovuto ricorrere a un finanziamento o ha posticipato il pagamento o sta per chiudere l’attività). Il 33,6% delle imprese c’è riuscito con difficoltà, il 47,2% con “molte difficoltà”, e soltanto il 10,9% non ha avuto problemi.

Le previsioni degli imprenditori sul livello della pressione fiscale in Italia
Il 68,4% degli imprenditori ritiene che la pressione fiscale aumenterà nei prossimi due anni (2012-13). Il dato evidenzia un forte pessimismo ma assume caratteri più tenui se messo a confronto con quello relativo agli ultimi due anni (2010-11), nel corso dei quali la pressione fiscale sarebbe aumentata secondo il 72,5% delle imprese rispetto al biennio precedente (2008-09).

Il rapporto tra imprese, fisco e previdenza
Negli ultimi due anni, secondo l’opinione degli imprenditori, il rapporto tra fisco e impresa è rimasto sostanzialmente stabile, ossia problematico. Molto bassa la percentuale di coloro che notano un certo miglioramento al riguardo (12,5%). Se il rapporto con la P.A. continua ad essere problematico ciò è dovuto principalmente a tre fatti:

la complessità delle richieste delle amministrazioni, per quanto tale fenomeno sia in diminuzione rispetto a due anni or sono e le imprese segnalino un miglioramento del rapporto con la P.A. al riguardo;
il fatto che le norme cambiano più volte; fenomeno che si è acuito negli ultimi due anni, ossia le imprese segnalino un peggioramento del rapporto con la P.A. al riguardo;
Il fatto che ogni ufficio sostanzialmente faccia per conto suo (scarso coordinamento tra i diversi enti ed uffici della Pubblica Amministrazione).

Come si diceva, rispetto a due anni fa gli imprenditori hanno rilevato l’acuirsi di alcuni fenomeni e la diminuzione di altri.
I fenomeni che si sono acuiti nel rapporto tra imprese e fisco sono il cambiamento continuo delle norme, la scarsa informazione sulle norme stesse e l’aumento delle scadenze.
I fenomeni che sono diminuiti di intensità sono risultati la complessità delle richieste della P.A., la disattenzione del legislatore verso l’impatto che le misure avranno sul mondo delle imprese, l’accesso delle imprese alle amministrazioni, più ampio evidentemente rispetto a qualche anno or sono.

Gli interventi richiesti al Governo Monti
Il 78,4% degli imprenditori è convinto che il Governo Monti dovrà intervenire sulle tasse in qualche modo. Il 23,6% ritiene che dovrà introdurre nuove tasse, il 24,0% ritiene che dovrà ridurre le tasse da subito ed il 30,9% che dovrà ridurle più avanti nel tempo. Quasi otto imprenditori su dieci ritengono che un eventuale aumento della pressione fiscale dovrebbe gravare quasi esclusivamente sulle rendite finanziarie, salvaguardando imprese, lavoratori e pensionati.

Gli interventi per un fisco più giusto ed equo
Da più parti è stato affermato che il fisco in Italia deprime la crescita. L’eliminazione dell’Irap, l’introduzione di agevolazioni fiscali per le imprese che intendono assumere giovani e per le imprese che capitalizzano sono i tre punti principali sui quali intervenire immediatamente secondo l’opinione degli imprenditori per avere un fisco più giusto e più equo nel nostro paese.

La riduzione dell’uso del contante come strumento per combattere l’evasione
Il 41,2% delle imprese accetterebbe la riduzione del limite per l’utilizzo del denaro contante da 2.500 euro a 3/500 euro, secondo le ipotesi attualmente allo studio da parte del Governo. Una percentuale che arriverebbe al 92,1% qualora venissero abbassati i costi delle transazioni finanziarie associate al bancomat e alle carte di credito e concessi gratuitamente i POS agli esercizi commerciali.

Il nuovo redditometro
Il 66,9% delle imprese ritiene che il nuovo redditometro non sia uno strumento efficace di accertamento per combattere l’evasione fiscale. A pensarlo diversamente è la parte restante del campione, ossia il 33,1% degli intervistati.