Manovra: partito l’esame del Senato

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Parte in salita l’iter al Senato della manovra salita a 34,9 miliardi di euro, per tre quarti coperta da nuove entrate, dopo il passaggio alla Camera. Mentre la Lega minaccia la disobbedienza fiscale sull’Imu accendendo lo scontro politico con Pdl e Pd, la modifica dell’imposta municipale unica prende la via del decreto milleproroghe. In concreto la correzione potrebbe contenere un alleggerimento del prelievo sui pensionati senza figli e a basso reddito come concordato dalla maggioranza dopo il passaggio alla Camera. Anche gli altri nodi irrisolti – pensioni, frequenze televisive, liberalizzazioni – dovrebbero confluire nel testo di fine anno. Intanto l’esame del decreto salva-Italia è partito in Commissione Bilancio e Finanza di Palazzo Madama alla presenza del viceministro dell’Economia, Vittorio Grilli, e del sottosegretario, Vieri Ceriani. I tempi saranno molto rapidi grazie al meccanismo del doppio relatore, Giuliano Barbolini (Pd) e Paolo Tancredi(Pdl). Oggi alle 12 scadrà il termine per la presentazione degli emendamenti. Il margine di manovra però è minimo: domani il provvedimento approderà in Aula e dopodomani è atteso il voto finale (il termine ultimo resta venerdì 23 dicembre). Probabile il ricorso alla fiducia da parte del governo che tira dritto evitando le trappole parlamentari. La prima è costituita da un emendamento annunciato dall’Idv, che recepisce un ordine del giorno accolto dal governo in base al quale si stabilisce il blocco della procedura di assegnazione gratuita a Rai, Mediaset e Telecom, mettendo all’asta le relative frequenze televisive. Suscita polemiche anche il capitolo liberalizzazioni su cui il governo è deciso ad intervenire come ha annunciato il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera. Due i nodi da sciogliere: la vendita dei farmaci di fascia C bloccata in extremis e la liberalizzazione dei taxi sospesa dopo il pressing della categoria. Sul capitolo pensioni la strada dovrebbe essere meno impervia. Per i lavoratori precoci, che hanno iniziato a lavorare a 15-16 anni di età, si punta a ridurre le penalizzazioni previste dalla riforma che fissa a 62 anni l’età anagrafica di uscita. Per chi si è licenziato o è stato licenziato al di fuori di accordi sindacali si pensa invece a mantenere in piedi le vecchie regole. L’ultima correzione potrebbe interessare l’alleggerimento dello scalone. A beneficio dei lavoratori nati nel 1952.