Mario Monti incassa la fiducia al Senato, che dà anche il via libera alla manovra economica, ottenendo 257 voti favorevoli e 41 contrari. Risultato che evidenzia, come è successo a Montecitorio pochi giorni prima, un calo statistico del 10 per cento dei consensi al governo da parte del Parlamento. Tra aut aut e avvertimenti, anche tra i partiti che lo sostengono. In occasione del suo insediamento l’esecutivo aveva ottenuto a Palazzo Madama 281 consensi ( 556 a Montecitorio poi ridotti a 495) . ”Il decreto è legge e ne sono lieto”, si limita a commentare il presidente del Consiglio che poco prima in Aula aveva spiegato nei dettagli il provvedimento e difeso le scelte compiute del suo Esecutivo. Un discorso che da’ il via alla cosiddetta ”fase due”, una serie di interventi già preannunciati dall’esecutivo e mirati alla crescita e allo sviluppo (negli obiettivi del governo ci sono le liberalizzazioni e la riforma del mercato del lavoro). Davanti ai senatori il premier indica la manovra come il provvedimento che consente all’Italia di ”affrontare a testa alta la crisi”. Il presidente del Consiglio entra nei dettagli del testo soffermandosi sulle novità (dalle deduzioni Irap al bonus per assumere lavoratori al Sud), invita i cittadini a ”guardare con fiducia ai titoli italiani’ e a ”sottoscrivere Bot e Btp” e poi bolla come ”ripetitivo e del tutto fuori luogo” lo slogan secondo cui ‘a pagare sono sempre i soliti noti’.
Non mancano poi nel suo intervento passaggi – a tratti anche taglienti – sul ruolo dei partiti che compongono la maggioranza. Il capo del governo non fa mai un riferimento diretto alle polemiche degli ultimi giorni ma osserva ironico: ”vorrei dire ai cittadini che l’appoggio che questo governo sta ricevendo è molto piu’ grande di quello che i partiti lasciano credere o dichiarano”. I colloqui” fra partiti che sostengono il governo e il presidente del Consiglio, ha detto Monti con un evidente riferimento agli incontri avuti con Silvio Berlusconi e Pier Luigi Bersani (oggi chiuderà il cerchio con Alfano, Casini e Rutelli), ”sono di grande appoggio, incoraggiamento e grande stimolo; certamente anche di forte proposizione di temi e indirizzi”. Ma poi ”vengono presentati esternamente piuttosto dal punto di vista del veto o della forte pressione”. Il presidente del Consiglio dice di capire se per loro ”esigenze” le forze politiche debbano rappresentare in un certo modo l’appoggio al governo”.