Le dichiarazioni rese oggi dal Presidente dell’Eba, Andrea Enria, in sede di audizione parlamentare, non sciolgono i dubbi dell’ABI. Le scelte dell’Eba sono discutibili nel metodo, nel merito, nella tempistica. E’ quanto sottolinea l’Associazione bancaria italiana, al termine del Comitato di Presidenza, riunitosi oggi a Roma. Ciò è dimostrato dai seguenti fatti:
1. le quotazioni azionarie delle banche sono diminuite significativamente dopo l’esercizio Eba;
2. le quotazioni dei titoli pubblici sono peggiorate dopo lo stesso esercizio;
3. il mercato della liquidità si è viepiù rarefatto, tanto da rendere necessario l’intervento della Bce;
4. tutto ciò ha determinato un impatto sull’erogazione del credito, come testimoniato dai dati diffusi oggi dalla Banca d’Italia;
5. sono stati sostanzialmente cambiati i criteri di contabilizzazione dei titoli di Stato, detenuti dalle banche sino a scadenza. Ciò rende per queste ultime molto problematico continuare a detenere o ad acquistare titoli di Stato, da cui potrebbero derivare, con un nuovo esercizio Eba, ulteriori e nuove necessità di capitale.
D’altro canto, il cosiddetto esercizio Eba non è stato preceduto da alcuna consultazione, né da alcuna analisi di impatto, con le conseguenze sopra descritte. Ritenere inoltre che la posizione delle banche in titoli pubblici del proprio Paese possa essere compensata da aumenti di capitale vuol dire ignorare la natura e l’entità degli attivi delle banche italiane, la cui composizione è per circa il 70% al servizio di imprese e famiglie.
Afferma Enria: “Dallo scorso mese di agosto, si è aperta una nuova fase nella crisi finanziaria, con il crescere delle preoccupazioni circa la sostenibilità del debito pubblico di alcuni paesi dell’area dell’euro di maggiore dimensione”. Concordiamo con Enria, ma troviamo singolare che ad un presunto problema di stabilità del debito pubblico per l’Italia, si possa rimediare con il capitale di quattro banche. Non v’è chi non veda che se il problema è il debito pubblico, è ad esso che si deve guardare e non a chi ne detiene una parte modesta. Un eventuale problema sul debito, infatti, avrebbe effetti ben più gravi sugli impieghi all’economia reale.
Infine, se il problema è la stabilità degli Stati, come si può pensare che siano gli stessi a far fronte alle presunte necessità di capitale delle banche? A questa domanda, viste le premesse, è impossibile dare una risposta logicamente coerente. Anche alla luce delle dichiarazioni del Presidente Enria, non si vede per quale ragione l’esercizio non debba essere rivisto profondamente, o quanto meno rinviato, fino a quando, il fondo salva Stati non sia pienamente operativo, così come aveva stabilito il Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo.
L’ABI conferma che sta studiando la possibilità del ricorso alla Corte di giustizia europea sull’esercizio Eba.
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