“Duecentomila disoccupati in più nel 2011, che si sommano alle centinaia di migliaia dall’inizio della crisi. E solo pochi giorni fa l’indagine Unioncamere prevedeva un calo di altri 75 mila occupati nei soli primi tre mesi di quest’anno. Qualcuno – anche sulla base di questi dati – può ancora sostenere che c’è qualche problema di flessibilità in uscita?”. Se lo chiede provocatoriamente Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil a commento dei dati diffusi oggi dall’Istat sulla disoccupazione: “E se lo si pensa ancora si rileggano i dati Istat di ieri sulle grandi imprese (dove si applica l’articolo 18) che illustrano come sono cresciuti i licenziamenti in 6 annui del 35%”.
“Prima della crisi – continua Fammoni – gli occupati erano 700 mila in più, se non ci fosse stata la cassa integrazione e in particolare la Cig straordinaria e la deroga, i disoccupati sarebbero oggi più di 3 milioni. Questo sarebbe già avvenuto e avverrà se la cassa integrazione sarà ridotta e se si punterà solo sulla disoccupazione e su un reddito minimo per il quale però non c’è alcuna risorsa”.
Ma Fammoni rilancia soprattutto il problema dei giovani. “Al 31% di giovani disoccupati (che in realtà sono di più perché anche una parte dei giovani è in cassa integrazione), che prospettiva si dà? Un lavoro con meno diritti e sempre più ricattabile? Una mobilità da un lavoro precario in un’azienda a un lavoro temporaneo in un’altra? Ricordo che la teoria del ‘meglio un lavoro qualunque’, ha portato proprio a questa situazione di lavoro per i giovani e questo anche prima che si manifestassero pienamente gli effetti della crisi. Così come lo slogan ‘meglio un lavoro qualsiasi che lavorare in nero’ conferma l’esistenza di un bacino di 3 milioni di lavoratori in nero, questo dato non risulta nelle statistiche dell’Istat, ma non dobbiamo mai dimenticarlo”.
Ritornando al commento specifico sui dati Istat di oggi, Fammoni spiega che emerge un messaggio preciso per la trattativa tra Governo e parti sociali. “Servono interventi urgenti – dice Fammoni – per affrontare la drammatica situazione dell’occupazione: tutele straordinarie e uno straordinario Piano per il lavoro”. In generale, argomenta il dirigente della Cgil, servono più crescita, più sviluppo, più consumi che facciano ripartire la produzione. Per questo investimenti pubblici che attivino investimenti privati, l’immediata cantierizzazione delle opere e un intervento fiscale a favore dei lavoratori dipendenti e dei pensionati inteso non solo come atto di giustizia ma anche come investimento per lo sviluppo”.
“Serve soprattutto ridurre il precariato – conclude il segretario Cgil – e dare ammortizzatori universali a tutti i lavoratori mantenendo la possibilità di non rompere il rapporto di lavoro con l’impresa in tutti i casi possibili e dando una tutela maggiore alla disoccupazione. Dire invece che occorre facilitare il licenziamento per più occupabilità è il contrario dei dati reali”.