Confermate le intenzioni da parte del Governo per quanto riguarda la riforma dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: sarà “congelato” per i primi tre o quattro anni dall’inizio del rapporto di lavoro.
L’articolo 18 in tre tappe. L’articolo 18 dello statuto dei lavoratori disciplina le conseguenze dei licenziamenti legittimi in tre casi: assenza di motivazione, ingiustificato motivo e intento discriminatorio e riguarda le imprese con più di 15 dipendenti. In caso poi di licenziamento senza giusta causa l’art. 18 prevede il reintegro del lavoratore nel posto di lavoro. In passato ci sono state tre tappe fondamentali che hanno riguardato tentativi (tutti falliti) più o meno espliciti di riformare questo articolo dello Statuto dei lavoratori:
nel 2000 e nel 2003 due referendum;
nel 2001 il Governo Berlusconi aveva nella sua agenda delle priorità l’abolizione dell’art. 18;
infine, durante questa legislatura, la proposta Ichino che prevede un veto assoluto per i licenziamenti discriminatori (sesso, razza, religione, ecc.) con una libertà più accentuata per quelli dovuti a motivazioni economiche.
La direzione presa dal Governo Monti. Con l’obiettivo di concludere la riforma entro marzo di quest’anno per arginare la precarietà e la disoccupazione giovanile, il Ministro del lavoro Fornero e il Premier Monti hanno confermato la direzione che intenderanno prendere per i prossimi confronti con le parti sociali. Il lavoro stabile sarà garantito, ma per i primi tre anni dall’inizio del contratto di lavoro, l’articoo 18 non potrà essere applicato. I lavoratori quindi, durante questo periodo, saranno licenziabili previo il pagamento di un’indennità crescente con gli anni di lavoro.
Contro la precarietà e per i giovani. Quello che dovrebbe risolvere la nuova impostazione dell’art. 18, è il crescente precariato che in Italia, stando alle elaborazioni della CGIA di Mestre su dati Istat, colpisce oltre 4 milioni di persone soprattutto giovani d’età compresa tra i 15 e 34 anni (79,4% sul totale degli occupati).