Il posto fisso? E’ dei giovani stranieri e non degli italiani

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La precarietà sembra solo sfiorare i giovani stranieri che sono inquadrati con contratti più stabili rispetto ai propri coetanei italiani, lavorano di più ma sono pagati di meno. Sono disposti a lavorare in orari più disagiati (specie di sera), svolgono mansioni non adeguate al proprio titolo di studio (sono cioè sottoinquadrati), sono in prevalenza operai, e se disoccupati trovano lavoro prima. Questi alcuni dei risultati di uno studio condotto dalla Fondazione Leone Moressa che ha confrontato la struttura occupazionale dei giovani stranieri con quelle dei giovani italiani in età compresa tra i 15 e i 30 anni nel primo semestre 2011.

La presenza dei giovani stranieri nel mercato del lavoro. In Italia si contano 455mila giovani stranieri occupati e quasi 95mila disoccupati. Questo permette di calcolare un tasso di occupazione giovanile straniero del 44,5%, superiore di gran lunga rispetto a quello dei giovani italiani (32,5%) e un tasso di disoccupazione del 17,2% inferiore (anche se di poco) a quello dei coetanei italiani (20,4%). Ma nel territorio nazionale si evidenziano caratteristiche occupazionali diverse, a causa principalmente della crisi in atto: in molte delle regioni del Nord e in alcune del Centro infatti si evidenziano livelli di disoccupazione più elevate tra i giovani stranieri che tra i giovani italiani. In Veneto, ad esempio, se per i giovani italiani under 30 il tasso di disoccupazione si attesta al 10,7% per gli stranieri si osserva il 19,9%; in maniera molto simile nelle Marche dove si tratta di un 12,9% degli italiani e del 22,2% degli stranieri.

La struttura occupazionale dei giovani lavoratori stranieri. I giovani lavoratori stranieri sono inquadrati più degli italiani con contratti di lavoro stabili: infatti su 100 stranieri occupati, appena 26 ha un contratto di lavoro atipico (cioè a tempo determinato o di collaborazione), mentre per gli italiani si tratta di 33. Il contratto a tempo indeterminato è più frequente tra i lavoratori stranieri dal momento che il 64% di essi dimostra di avere il posto fisso, dieci punti in meno rispetto agli italiani (53,3%). Gli stranieri in oltre l’80% dei casi ricoprono professioni da operaio (si tratta della metà per gli italiani) e guadagnano 939 € netti al mese, 70€ in meno dei coetanei italiani. Nella maggior parte dei casi (64,4%) essi ricoprono professioni di media specializzazione, e quasi il 30% ricopre professioni non qualificate; inoltre gli stranieri mostrano un livello di scolarizzazione più basso rispetto ai giovani italiani (il 48,3% di essi ha al massimo la licenza media). In media gli stranieri rimangono senza lavoro per un anno (12,3 mesi), cinque in mesi in meno rispetto agli italiani (17,3 mesi).

La qualità del lavoro giovanile. Pur mostrando livelli di istruzione medio-bassi, i giovani stranieri, molto più degli italiani, possiedono titoli di studio più elevati rispetto a quelli prevalentemente richiesti dal mercato del lavoro per svolgere quella professione. In particolare il 36,0% dei giovani stranieri è sottoinquadrato, mentre per gli italiani la quota scende al 27,7%. Lavorare in orari disagiati è comune a molti giovani stranieri: si calcola come quasi la metà dei giovani (questo riguarda comunque sia italiani che stranieri) abbia lavorato almeno una volta tra notte, sera, sabato o domenica. Alcune peculiarità si osservano invece in merito al luogo abituale di lavoro dei giovani occupati: gli stranieri, più degli italiani, lavorano vicino a casa, ossia nel proprio comune di residenza (64,7% vs 53,7%).

La provenienza dei giovani occupati stranieri. Quasi un terzo dei giovani occupati stranieri è rumeno, seguiti da albanesi (16,6%), marocchini (6,1%) e moldavi (3,5%). Complessivamente i primi 10 Paesi di provenienza più numerosi coprono il 74,2% di tutte le nazionalità rappresentate nel ventaglio etnico del mercato del lavoro giovanile.

“I giovani stranieri mostrano comportamenti occupazionali diversi rispetto ai giovani italiani. La necessità di avere un lavoro per rinnovare il permesso di soggiorno, la mancanza di sostegno da parte della rete parentale e il disagio economico” – affermano di ricercatori della Fondazione Leone Moressa – “portano i giovani stranieri ad affacciarsi prima degli italiani nel mercato del lavoro, accettando stipendi più bassi ma sicuri, mansioni meno qualificate e lavori in orari anche disagiati. Sebbene la crisi abbia colpito di più proprio dove la presenza straniera è maggiore (come al Nord), i giovani immigrati possono però contare su contratti più stabili, soddisfacendo ad una domanda di lavoro dal basso profilo che continua ad essere espressa dal sistema produttivo, economico e sociale”.