Sentenza Eternit. Il tribunale di Torino: “Nessun errore sui non indennizzati”

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Sono un migliaio le parti civili del procedimento contro la Eternit che non hanno ricevuto un indennizzo: ma non si tratta dell’errore di un cancelliere, di un virus informatico o di una dimenticanza, bensì di ragioni strettamente processuali. E’ Luciano Panzani, presidente del Tribunale di Torino, ad affermarlo in un comunicato che scioglie una serie di dubbi sorti all’indomani della sentenza: il giudice Giuseppe Casalbore, nelle tre ore di lettura del dispositivo, non ha infatti citato tutti i nomi contenuti nello sterminato elenco delle persone offese. Fatto che ha destato non poche perplessità e proteste. Oltre a infliggere 16 anni di carcere ai due imputati, Stephan Schmidheiny e Louis De Cartier, il Tribunale ha accordato somme variabili (a titolo di provvisionale: vale a dire di acconto) fra i 30mila e i 35mila euro ai malati e ai parenti delle vittime. Il totale – compresi i soldi che vanno a enti, associazioni e sindacati – supera abbondantemente gli ottanta milioni. Ma perché non a tutti?
Nelle motivazioni della sentenza ogni possibile chiarimento. Nella nota emanata da Panzani, il giudice afferma di essere consapevole che, dato “il numero elevatissimo di parti civili (erano 6.392 all’apertura del processo e solo qualche centinaio si sono ritirate dopo una trattativa con la Eternit, ndr), è possibile che disguidi tecnici abbiano potuto riguardare la posizione di alcune di esse”. Ma questo vale “per un numero limitato di casi”. E allora, se è vero che “è possibile che molte parti civili, nell’ordine di un migliaio, siano rimaste deluse dal fatto di non essersi viste riconoscere il diritto al risarcimento dei danni”, questo non significa che sia “frutto di errore”. I fattori sono due. In primo luogo la mancanza di un collegamento certo fra la patologia e l’esposizione all’amianto. E soprattutto “come si evince con chiarezza dalla lettura del dispositivo – continua la nota – il reato di omissione dolosa di cautele antinfortunistiche è stato dichiarato prescritto per tutti, e non solo per i siti di Napoli Bagnoli e Rubiera, per le malattie professionali manifestatesi prima del 13 agosto 1999”. “Nelle motivazioni della sentenza – è la conclusione del comunicato – sarà chiarito il quadro completo della situazione”.
Ma a Napoli e Reggio Emilia continuano le proteste. A Napoli, oggi, il dopolavoro ferroviario di Fuorigrotta ospiterà una prima riunione di commento a quella che i promotori dell’iniziativa definiscono la “nefasta angolazione” della sentenza, ed è in programma una visita della delegazione dell’Afeva (l’associazione dei familiari delle vittime di Casale Monferrato) a Reggio per un incontro con le parti civili emiliane. L’Osservatorio nazionale amianto chiede alla Procura di Torino di “tenere conto” dei malati e dei deceduti per l’amianto lavorato all’Eternit di Siracusa: ma di quello stabilimento si era già occupata la magistratura siciliana con un’inchiesta in cui, fra l’altro, le ipotesi di accusa a carico di Schmidheiny (si legge nel sito del miliardario svizzero) non erano sfociate in un processo.