Parla Valerio Natalizia, Presidente nazionale di Gifi – Gruppo Imprese Fotovoltaiche Italiane di Confidustria
L’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha annunciato un aumento del 9% in bolletta. La colpa è stata data principalmente agli incentivi destinati alle imprese fotovoltaiche che vengono prelevati proprio dalle bollette energetiche degli italiani (si parla di circa 6 miliardi solo per il FV per produrre il 3% del fabbisogno degli italiani). Subito il mondo del solare si è ribellato dicendo no allo stop dei finanziamenti statali e chiedendo una maggiore integrazione del sistema delle rinnovabili. Di questi e di altre problematiche ne abbiamo parlato con Valerio Natalizia, Presidente nazionale di Gifi – Gruppo Imprese Fotovoltaiche Italiane di Confidustria.
Presidente Natalizia, il Governo ha presentato il V Conto Energia che rimodula i finanziamenti al settore. Quali sono i pro e i contro?
“Uno degli aspetti più positivi è il fatto di pensare ad un programma di incentivazione e, quindi, ad un V Conto energia della durata di cinque semestri, quindi un orizzonte temporale che può davvero accompagnare il nostro settore verso l’indipendenza dagli incentivi. Se gestito bene, non sarà più necessario un sistema di finanziamenti come è pensato oggi. L’aspetto negativo è l’aver ridotto il budget totale. Dunque, dai sette miliardi come erano stati messi prima dell’approvazione del Decreto, si è scesi a sei miliardi. La necessità di arrivare a sette miliardi è data dal fatto che, avendo speso ad oggi quasi cinque miliardi, i sei previsti non ci garantirebbero un mercato annuo pari a 2GW che è quello che è il minimo necessario per la sopravvivenza delle nostre aziende. È chiaro che questo si può fare attraverso una nazionalizzazione degli incentivi ed un loro utilizzo in modo diverso rispetto al passato ma non si può fermare il mercato troppo bruscamente”.
Due problemi del nostro sistema energetico possono essere i costi per l’adeguamento delle reti per immettere i Kw prodotti dalle FER e la mancata creazione di una filiera corta che possa stimolare le imprese a non investire più all’estero?
“Sì, sul primo punto le rispondo che purtroppo il problema viene affrontato a mio avviso al contrario cioè si parte dal fatto che le fonti rinnovabili siano un problema per la rete e quindi non si può adeguarle a queste. In realtà noi dovremmo cercare di sviluppare la rete non solo per le rinnovabili ma anche perché il sistema energetico nazionale sta cambiando. Quindi l’argomento andrebbe affrontato pensando a come sfruttare i quasi 20 Kw che abbiamo tra fotovoltaico e eolico come vantaggio per la rete. Riguardo al secondo aspetto io non concordo quando si dice che questi soldi vanno all’estero. Questo perché la produzione estera riguarda soprattutto il modulo fotovoltaico il cui peso sta scendendo sempre di più in termini di costi dei pannelli. D’altro canto non possiamo dimenticare tutto quello che è la componente elettronica come punto di inverter (qui l’Italia è uno dei maggiori produttori in UE). Poi c’è tutto il resto del mondo degli installatori e progettisti quindi, quando si parla di filiera, dobbiamo pensare a qualcosa di diverso rispetto a chi fa solo il modulo. Un mondo che influirà molto sul prezzo finale”.
Altra richiesta è l’innalzamento della soglia minima di potenza per l’accesso al registro del GSE. Che impatto avrebbe l’attuale soglia stabilita e che limite minimo suggerite per agevolare le imprese?
“Il limite imposto dal registro è troppo basso perché va ad impattare anche impianti di bassa tensione e di potenza medio piccola. Questo significa che tale sistema andrà a scoraggiare tutti quelli che sanno che per fare quell’impianto dovranno produrre una documentazione di un certo tipo e dovranno investire dai 500 euro in su il tutto nella speranza di essere inseriti all’interno della graduatoria per accedere agli incentivi. Noi proponiamo un innalzamento di questo limite a 100 KW che è la soglia per lo scambio sul posto e che è l’alternativa al Conto energia. Inoltre, sapendo che questo registro è volto a controllare la spesa, proponiamo non solo la riduzione delle tariffe ma soprattutto chiediamo il meccanismo previsto dal IV Conto energia che va a calibrare le tariffe sulla base dell’istallato: più si istalla, più scendono le tariffe”.
Aumento costi energia: all’interno degli oneri di sistema, gli incentivi alle rinnovabili hanno un peso notevole. Come evitare che tali finanziamenti non si risolvano nell’aumento delle bollette energetiche già annunciato dall’AEEG?
“Innanzitutto bisogna fare chiarezza. Noi abbiamo fatto una fotografia sul fotovoltaico che evidenza sia i costi che i benefici. Questo perché, come lei diceva, c’è un impatto molto importante in bolletta. Un impatto che è sicuramente inferiore per le famiglie italiane ma incide maggiormente sulle imprese. Per darle una idea, partendo dal prossimo aumento dell’energia a maggio del 4%, l’impatto del fotovoltaico è dell’8,2% il che vuol dire una cifra di circa 46 euro all’anno. Per carità, non dico che sia poco ma far passare il fotovoltaico come la causa dell’aumento della bolletta non è corretto. Però, come diceva lei, bisogna far qualcosa. Noi proponiamo di pulire la bolletta da tutte quelle voci che non hanno nulla a che fare con l’energia come il decommissioning delle centrali nucleari, le Cip 6 delle fonti assimilate che non hanno nulla a che vedere con le rinnovabili, le quote che vanno alle Ferrovie dello Stato. Poi siamo favorevoli ad iniziative come quella presa dal Governo sulla carbon tax che va a tassare chi produce da fonti convenzionali ed emette Co2”.
Come ha sottolineato, l’adeguamento della rete energetica alla produzione delle rinnovabili comporta anch’esso un innalzamento dei costi. Come arginarlo? Oggi si parla molto anche si Smart Grid ovvero le “reti intelligenti”…
“Anche qui bisogna fare una operazione di trasparenza. Sviluppare le reti vuol dire non solo fare infrastrutture che purtroppo subiscono rallentamenti pesanti per le autorizzazioni. Ci possono essere però degli accorgimenti e su questo Terna ed Enel stanno già lavorando per lo stoccaggio di energia all’interno di accumulatori per far sì che, nei momenti di maggiore energia, non ci siano affetti negativi sulle reti. Come Smart Grid, i punti di inverter saranno obbligati dalla nuova normativa ad adeguarsi quindi sarà possibile alla fine di luglio gestire gli impianti in modo più flessibile e assecondando le esigenze della rete. L’Italia ha il vantaggio di avere 33mila contatori intelligenti e questo permetterà alle nostre aziende di vendere all’estero”.
Questi interventi adottati dal Governo si allineano con il resto d’Europa?
“Diciamo che ci sono due problemi principali: non c’è una politica energetica italiana e nemmeno europea. Voglio dire che non c’è una programmazione né una pianificazione e quindi anche sul fronte delle rinnovabili i Paesi stanno andando un po’ in ordine sparso. Questo comporterà che si orientano gli investimenti in funzione del Paese che offre il tema incentivante più remunerativo. Probabilmente finirà prima la necessità di avere gli incentivi rispetto ad avere un piano energetico unico”.
In Spagna si sta già sperimentando il fotovoltaico senza il supporto degli incentivi statali ma solo con fondi privati. È possibile anche in Italia?
“In Spagna si stanno adottando dei provvedimenti e quindi aspettiamo a vederne i risultati. Credo che ci sia la possibilità, non oggi ma domani, di avere degli investimenti senza incentivi ma bisogna fare molta attenzione perché ci devono essere delle connessioni favorevoli affinché ci sia un mercato competitivo e una remunerazione di un certo tipo anche senza incentivi. Noi vogliamo che gli incentivi finiscano al più presto perché abbiamo bisogno di essere liberi da questo stillicidio di normative che cambiano in modo molto rapido e che ci impediscono di pianificare”.
Carmela Mariano