Imprese strangolate dall’Imu

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E’ stata data la facoltà ai Sindaci di aumentare l’aliquota massima fino al 10,6‰. Se lo faranno, le attività economiche pagheranno il +39,5% in più rispetto all’eventuale applicazione dell’aliquota ordinaria (7,6‰).
La notizia è ufficiale: i Sindaci potranno aumentare l’aliquota ordinaria dell’Imu sui beni strumentali fino al valore massimo del 10,6 ‰. Se molti primi cittadini decideranno di ritoccare l’aliquota all’insù, gli effetti sulle tasche dei commercianti, dei liberi professionisti, degli artigiani, delle imprese industriali e degli albergatori saranno pesantissimi.
Alcuni esempi ? Con l’applicazione dell’aliquota massima, un laboratorio artigiano si troverà a pagare un importo medio nazionale pari a 801 euro l’anno, un negozio 1.017 euro, un ufficio 2.047 euro, un capannone industriale 3.844 euro ed un albergo ben 11.722 euro. Rispetto all’eventuale applicazione dell’aliquota ordinaria (7,6‰), tutte queste attività verranno a pagare il +39,5% in più: una vera e propria stangata.
A livello territoriale, invece, sarà il Comune di Roma a presentare la situazione più pesante, almeno per gli uffici e i laboratori artigiani. Nel caso di un aumento dell’aliquota Imu fino al valore massimo, il gettito medio sarà pari a 5.960 euro per i primi e a 1.830 euro per i secondi. Per i capannoni il quadro generale vedrà La Spezia a segnare il dato più preoccupante: 19.731 euro. Per i negozi, spetterà eventualmente a Cremona il record di spesa: 2.327 euro. Infine, per gli alberghi la situazione più difficile si registrerà a Bari: nell’eventualità dell’applicazione dell’aliquota al 10,6 ‰ il costo medio annuo di un’attività ricettiva sarà pari a 46.011 euro.
A lanciare l’allarme è la CGIA di Mestre dopo la lettura della nota esplicativa presenta nei gironi scorsi dal Dipartimento delle Finanze. In questo documento i tecnici del ministero hanno sottolineato che i Comuni potranno abbassare l’aliquota dell’Imu sui beni strumentali fino al 4‰ (notizia comunque già nota a tutti), ma anche di aumentarla sino al 10,6‰. Possibilità, quest’ultima, che è stata definitivamente chiarita con questa nota.
Dalla CGIA ricordano che la legge istitutiva dell’Imu prevede che il gettito sulla prima casa non porterà nessun vantaggio economico nelle casse comunali, mentre dalle seconde/terze case e dalle attività economiche i Sindaci incasseranno il 50% del gettito. A fronte di questa novità introdotta nel chiarimento redatto dal Dipartimento delle Finanze, molti primi cittadini potrebbero essere tentati, viste le difficoltà economiche, ad applicare l’aliquota massima.
“Pertanto – dichiara il segretario della CGIA, Giuseppe Bortolussi – ci appelliamo al senso di responsabilità dei Sindaci. Siamo consapevoli delle difficoltà economiche in cui versano la stragrande maggioranza dei Comuni, tuttavia è bene che prima di deliberare eventuali aumenti di aliquota si dimensioni l’impatto economico che queste scelte avranno sulle attività commerciali e produttive. Purtroppo, a corto di risorse non ci sono solo i primi cittadini, ma anche le imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni”.