Se il concessionario della riscossione avvia l’azione esecutiva – ad esempio con pignoramenti mobiliari e/o immobiliari – nonostante l’annullamento da parte del giudice del debito erariale, tale comportamento configura gli estremi del delitto di omissione di atti d’ufficio e la richiesta di risarcimento dei danni morali del contribuente può essere accolta.
Ciò è quanto emerge da una recentissima sentenza della Suprema Corte (sentenza della Corte di Cassazione n.9445 dell’11/06/2012), la quale si è espressa in merito alla richiesta di risarcimento dei danni morali da parte di un avvocato a seguito di un pignoramento effettuato presso il suo studio.
Il professionista, dunque, chiedeva il risarcimento dei danni morali derivanti dalla lesione della sua immagine.
Ebbene, in merito la Suprema Corte chiarisce che “Essendo prospettato come causa dell’illecito civile un fatto astrattamente riconducibile a fattispecie penalmente rilevanti, spetta al giudice accertare, incidenter tantum, l’astratta configurabilità di un reato, indipendentemente dalla norma penale cui l’attore riconduce la fattispecie”.
Alla luce di ciò, quindi, risulta chiaro come la richiesta di risarcimento dei danni morali avanzata dal contribuente non possa essere rigettata a priori dal giudice, il quale invece dovrà valutare innanzitutto se il fatto sia astrattamente configurabile come reato e solo successivamente stabilire se vi sia stata lesione o meno di qualsiasi interesse della persona (in merito si veda anche la sentenza della Corte di Cassazione SS UU n.26972 dell’11/11/2008).
Avv. Matteo Sances