La riforma del mercato del lavoro è legge

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Il Parlamento ha ieri definitivamente approvato il disegno di legge di riforma del mercato del lavoro. Si tratta di una riforma lungamente attesa dal Paese, fortemente auspicata dall’Europa e ampiamente discussa con le Parti Sociali. La riforma si propone di realizzare un mercato del lavoro inclusivo e dinamico, atto ad aumentare l’occupazione, in particolare di giovani e donne, oggi ai margini o del tutto esclusi dal mercato; a ridurre i tempi della transizione tra scuola e lavoro e tra disoccupazione e occupazione; a contribuire alla crescita della produttività; a stimolare lo sviluppo e la competitività delle imprese, anche attraverso il sostegno all’occupabilità dei lavoratori; a creare un sistema di tutele più universalistico.

La legge, arricchita dal contributo del Parlamento, tocca molteplici aspetti del mercato del lavoro:

– una distribuzione più equa delle tutele dell’impiego, attraverso il contenimento dei margini di flessibilità progressivamente introdotti negli ultimi vent’anni e l’adeguando all’attuale contesto economico della disciplina del licenziamento individuale;

– un più efficiente, coerente ed equo assetto degli ammortizzatori sociali e delle relative politiche attive;

– l’instaurazione di rapporti di lavoro più stabili, attraverso la conferma del contratto di lavoro a tempo indeterminato come contratto prevalente e meccanismi di valorizzazione e premialità per la stabilizzazione dei contratti di apprendistato e a termine.

Per ottenere questi risultati, la riforma individua alcune macro-aree di intervento, in cui sono coinvolti gli istituti contrattuali, le tutele dei lavoratori nel caso di licenziamento illegittimo, la flessibilità e le coperture assicurative, i fondi di solidarietà, l’equità di genere e le politiche attive.

Una prima area riguarda la razionalizzazione degli istituti contrattuali esistenti. Con la riforma se ne preservano gli usi virtuosi, limitando quelli impropri. I contratti più flessibili o parasubordinati vengono mantenuti nelle loro accezioni più favorevoli a lavoratori e datori di lavoro contestualmente, ove si utilizzino per settori o segmenti che premino flessibilità e professionalità. Il nuovo impianto attribuisce massimo valore all’apprendistato – inteso nelle sue varie formulazioni e platee – che diviene il “trampolino di lancio” verso la maturazione professionale dei lavoratori. È un punto sul quale tutte le parti coinvolte nella concertazione si sono trovate d’accordo. Per questo motivo la riforma insiste fortemente sul valore formativo dell’apprendistato. Si introduce, a tal fine, un meccanismo che collega l’assunzione di nuovi apprendisti al fatto di averne stabilizzati una certa percentuale nell’ultimo triennio. Se ne prevede una durata minima, ferma restando la possibilità di durate inferiori per attività stagionali, ampliandone la possibilità di utilizzo attraverso l’innalzamento del rapporto tra apprendisti e lavoratori qualificati.

La seconda area di intervento riguarda le tutele del lavoratore nel caso di licenziamento illegittimo. A fronte di una invarianza delle tutele a favore del lavoratore in caso di licenziamento discriminatorio e in alcuni casi di infondatezza del licenziamento disciplinare, con la riforma si riduce l’incertezza che circonda gli esiti dei procedimenti eventualmente avviati in caso di licenziamento per motivi economici. A tal fine, si introduce una precisa delimitazione dell’entità dell’indennità risarcitoria eventualmente dovuta e si eliminano alcuni costi indiretti dell’eventuale condanna (ad esempio le sanzioni amministrative dovute a fronte del ritardato pagamento dei contributi sociali). Grazie a questi provvedimenti il costo sostenuto dal datore di lavoro in caso di vittoria del lavoratore è “svincolato” dalla durata del procedimento. È prevista, infine, l’introduzione di un rito procedurale abbreviato per le controversie in materia di licenziamenti, che ridurrà ulteriormente i costi indiretti dei medesimi.

La terza area di intervento prevede un concreto collegamento fra vari aspetti del sistema lavoro, come il sostegno del reddito, la formazione e riqualificazione del personale, incentivi alle assunzioni e altre politiche di attivazione, terreno su cui si colloca l’ampia revisione del sistema degli ammortizzatori sociali e degli strumenti di tutela del reddito.

Coerentemente con la razionalizzazione dei margini di flessibilità e la redistribuzione tra istituti contrattuali delle tutele dell’impiego, si prevedono interventi di ampliamento, potenziamento e razionalizzazione degli strumenti assicurativi e di sostegno al reddito, sia in caso di disoccupazione sia in caso di costanza di rapporto di lavoro. Al riguardo, va evidenziata la principale novità del sistema degli ammortizzatori sociali, che consiste nell’ introduzione dell’Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI) in sostituzione dell’indennità di mobilità, di disoccupazione agricola non ordinaria, di disoccupazione con requisiti ridotti e dell’indennità di disoccupazione speciale edile.

Contemporaneamente, si prevede un’ulteriore misura di potenziamento dell’istituto dell’assicurazione contro la disoccupazione, estendendone l’accesso ai più giovani, a coloro che sono da poco entrati nel mercato del lavoro e alle tipologie d’impiego attualmente escluse (ad esempio gli apprendisti). Inoltre, resta ferma la normativa in materia di cassa integrazione ordinaria, finalizzata a fornire alle aziende uno strumento di gestione degli eventi di carattere temporaneo ed episodico che rendono necessaria la riduzione o sospensione dell’attività lavorativa. Viene rivisitata la normativa in tema di Cassa integrazione straordinaria, allo scopo di ricondurla al ruolo di tutela di casi in cui la ripresa dell’attività lavorativa sia probabile o comunque verosimile: sono conseguentemente esclusi dalle possibili causali i casi di procedura concorsuale con cessazione di attività.

La riforma infine crea una cornice giuridica per gli esodi con costi a carico dei datori di lavoro. A tal fine, è prevista la facoltà per le aziende di stipulare accordi con i sindacati maggiormente rappresentativi, finalizzati a incentivare l’esodo dei lavoratori anziani.

La quarta area è quella dell’equità di genere. Oggi, la partecipazione delle donne al mercato del lavoro risulta ancora limitata rispetto a quella degli uomini. Il divario risulta particolarmente ampio nel Mezzogiorno e tra le fasce meno qualificate, ma è presente anche tra le fasce qualificate e di vertice. Per diminuire questo divario la riforma interviene su vari fronti. Il primo è l’introduzione, a favore di tutti i lavoratori, per quanto il fenomeno riguardi prevalentemente le lavoratrici, di norme di contrasto alla pratica delle cosiddette “dimissioni in bianco”, con modalità semplificate e senza oneri per il datore di lavoro e il lavoratore e il rafforzamento del regime della convalida delle dimissioni rese dalle lavoratrici madri. Il secondo ambito mira a favorire una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli e di conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro. Viene infatti introdotto il congedo di paternità obbligatorio e vengono finanziate specifiche iniziative a favore delle madri lavoratrici.

L’ultima area di intervento riguarda le politiche attive, i servizi per l’impiego e la formazione professionale. In questa area, che prevede un forte concerto tra Stato e Regioni, ci si propone di rinnovare le politiche attive, adattandole alle mutate condizioni del contesto economico e assegnando loro il ruolo effettivo di accrescimento dell’occupabilità dei soggetti e del tasso di occupazione del sistema. Con riguardo al servizi per l’impiego, si prevede l’individuazione di livelli essenziali minimi delle prestazioni. In questo contesto, stante la podestà concorrente e in taluni casi esclusiva delle Regioni, viene ampliata la delega già conferita al Governo in materia di servizi per l’impiego, estendendone l’ambito alle politiche attive e definendo i principi e criteri direttivi di ispirazione.

In linea con le indicazione dell’Unione Europea, si disciplina infine il cosiddetto apprendimento permanente, nel concerto tra Ministero dell’Istruzione e Ministero del Lavoro, sentite le parti sociali e i Governi territoriali. La materia prevede una delega in particolare per l’individuazione e la validazione degli apprendimenti non formali e informali.

Un mercato del lavoro inclusivo e dinamico deve essere regolato da norme certe e trasparenti, ma anche sottoposte nel continuo a verifiche e monitoraggi nel merito della loro concreta attuazione e soprattutto degli impatti generati sulla quantità e qualità della domanda e offerta di lavoro. La riforma prevede l’attivazione di un puntuale e permanente monitoraggio delle azioni, anche sperimentali, intraprese, definendo i piani di controllo e le eventuali azioni correttive che possano ulteriormente migliorare il funzionamento del mercato del lavoro, in coerenza con le dinamiche economiche e sociali del Paese.