Allarme Confesercenti: “No al congelamento tredicesime per pensionati e pubblici dipendenti”

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“Troppe voci, troppo insistenti, parlano in questi giorni di un’ipotesi allo studio per fare cassa: il congelamento delle tredicesime dei dipendenti pubblici e di buona parte dei pensionati. Una misura di questo genere non solo potrebbe essere considerata discriminatoria e iniqua socialmente, ma sarebbe certamente un drammatico autogol economico che manderebbe i consumi in tilt, spingerebbe migliaia di imprese alla chiusura e provocherebbe la perdita consistente di posti di lavoro autonomi e dipendenti.
Chiediamo al Governo di smentire tale voce che avrebbe il solo esito di allontanare una qualsiasi forma di ripresa.
Ecco i conti di questa sciagurata eventualità: le 13me nette dei dipendenti pubblici e dei pensionati con assegni al di sopra dei mille euro ammontano a circa 16,1 miliardi. Circa la metà va in consumi e quindi si sottrarrebbe all’economia reale una cifra pari a 8 miliardi di euro, con un cedimento dei consumi privati che passerebbe dal meno 1,7% stimato dal Governo ad un valore negativo vicino al 2,7%.
Ma se anche si puntasse solo al congelamento del 50% delle 13me si tratterebbe comunque di una taglio alla spesa di circa 4 miliardi di euro, con un impatto sui consumi di circa 4 decimali di punto, portando la flessione prevedibile all’interno del range compreso tra il -2,1% e il -2,4%.
Questa impostazione comporterebbe gravi effetti sull’intera economia, a partire dalla chiusura di molte imprese e dalle nefaste conseguenze sul piano occupazionale. Un salasso davvero inaccettabile.
Non si abbatte il debito pubblico, il vero nodo che blocca la crescita, favorendo di fatto l’affossamento del’economia. Sperare di convincere i mercati in questo modo è una pia illusione, basata su ulteriori interventi vessatori e dannosi che frenano la crescita e minano quel residuo di fiducia che invece deve essere rafforzato per fare da volano alla tenuta delle imprese ed agli stessi consumi. Chiediamo al Governo di volgere altrove la scure e di tagliare in profondità spesa pubblica e costi della politica. La spending review è un inizio ma non basta. Non ascolti i partiti e aggredisca questi nodi:
– ridurre al minimo il numero delle province, per poi abolirle, così come va fatto per le comunità montane, oltre ad accorpare la miriade di micro-comuni e le società di servizi pubblici;
– varare con urgenza un piano di alienazione del patrimonio immobiliare pubblico che può essere messo rapidamente sul mercato;
– ridurre drasticamente i “posti” della politica e le consulenze che favoriscono le pratiche clientelari.
Inoltre chiediamo di utilizzare tutte le risorse disponibili per avviare progetti di sviluppo, permettendo alle imprese di riprendere gli investimenti e ricreare lavoro stabile, anche attraverso la non più rinviabile riduzione della pressione fiscale, che ai livelli attuali, ostacola in termini sempre più stringenti gli investimenti ed il lavoro.