DURATA DELLE VERIFICHE FISCALI E DIRITTI DEL CONTRIBUENTE

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È illegittima la verifica fiscale protrattasi per oltre trenta giorni presso l’azienda poiché in contrasto con lo Statuto dei diritti del contribuente.

A seguire la linea già percorsa da altre numerose sentenze è stata questa volta la Commissione Tributaria Regionale di Napoli (Sent. CTR di Napoli n.463/12/12), secondo la quale i verificatori – Agenzia delle Entrate e/o Guardia di Finanza – devono rispettare rigorosamente quanto stabilito dallo Statuto dei diritti del contribuente (articolo 12 della Legge n.212/2000) poiché se fosse possibile qualunque indagine “verrebbero ad essere vanificate tutte le altre condizioni che, con lo Statuto, sono state poste a tutela del contribuente … con conseguente inutilizzabilità degli elementi di prova raccolti”.

Inoltre, sempre secondo i giudici di Napoli “anche se si volesse superare la questione afferente l’allargamento dell’attività di verifica autorizzata solo per un controllo in tema di IVA comunitaria (i verificatori infatti erano partiti da una verifica sull’Iva per poi allargare lo spettro delle indagini senza motivi particolari), non può essere certamente banalizzata, come fa l’Ufficio, tutta l’attività accertativa che sembra sostanziarsi sull’acquisizione di prove e procedure affette da vizi che, conseguentemente, vanno ad incidere sulla liceità del loro utilizzo”.

I giudici, infine, chiariscono che il rigoroso rispetto della normativa sopra citata deriva dal fatto che “le disposizioni dello Statuto … sono state emanate in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione e quindi costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario …”.

Ne deriva, pertanto, l’estrema importanza dello Statuto dei diritti del contribuente che deve essere rispettato in tutte le fasi del procedimento tributario (quindi anche nella fase successiva all’accertamento, ossia della riscossione) e da tutti i soggetti coinvolti, compreso il concessionario della riscossione che deve, come l’Agenzia delle Entrate, emettere atti nel rispetto dei principi di trasparenza e adeguata motivazione .

In merito, è bene ricordare una recente sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano (Sent. CTP di Milano n.177/22/11 liberamente visibile su www.studiolegalesances.it – Sez. Documenti), la quale, allineandosi ad altre precedenti sentenze (si ricorda ad esempio la sentenza CTR Puglia n.85/09/11), dichiara la palese illegittimità di quegli atti tributari privi dei requisiti minimi di trasparenza volti a far comprendere la natura della pretesa e l’operato dell’Ufficio e dunque in palese contrasto con lo Statuto dei diritti del contribuente.

Alla luce di quanto illustrato, pertanto, si invita ogni contribuente a leggere attentamente la normativa dello Statuto, al fine di comprendere i propri diritti anche se spesso vengono violati con disinvoltura non solo dagli uffici e dal concessionario della riscossione ma addirittura dal Legislatore.

Avv. Matteo Sances
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