Stop ai controlli del Fisco nei luoghi di lavoro senza espressa autorizzazione del procuratore della Repubblica. A sancirlo sono non solo sentenze della Cassazione (Cass. n.4140/2013) ma anche precise norme quali l’articolo 52 del Dpr 633/1972 in materia di iva e l’articolo 33 del Dpr 600/1973 sulle imposte sui redditi. Nello specifico si tratta di regole che riguardano in particolare quegli immobili cosiddetti “ad uso promiscuo” ovvero quelli che vedono collegati i locali commerciali con quelli abitativi. Dividendo gli immobili per categoria, la normativa stabilisce che:
– per i locali dove si esercitano attività commericali, agricole o industriali serve il placet del capo dell’ufficio (o delle Entrate e della Guardia di Finanza) da cui i verificatori dipendono il quale dovrà indicare anche le motiviazioni della perquisizione. Tutto ciò vale anche per quanto riguarda le auto aziendali;
– per locali destinati all’esercizio di attività artistiche o professionali, l’accesso del Fisco può avvenire solo alla presenza nello studio del titolare o di un suo delegato;
– se tra il luogo di lavoro e quello privato in cui i contribuente vive c’è un collegamento diretto, invece, è la procura della Repubblica a dare il lascia passare agli ispettori fiscali. Un lascia passare che in genere viene concesso quasi automaticamente in quanto i Pm dovrà verificare se solo se effettivamente esista o meno la promiscuità .
Totalmente diverso l’iter, invece, che i funzionari devono rispettare nel caso di locali puramente ad uso privato. Il via del procuratore della Repubblica dovrà essere rilasciato solo in caso vengano dimostrati “gravi indizi di violazione delle norma tributarie”. Insomma, per ottenere l’autorizzazione ad ispezionare le abitazioni private, ilo Fisco dovrà produrre più di una guistificazione e più di una prova. Pena: la nullità degli atti compiuti e del successivo avviso di accertmamento. Pena che vale che qualora non venissero rispettate le autorizzazioni per le altri tipologie di immobili.