Aspi: l’uniformazione dei contratti appesantisce il carico fiscale delle piccole aziende

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Accesso alla mobilità per tutti i lavoratori che perdono il lavoro. E’ questo il principio che sottende alla nuova forma di sostegno al reddito, l’Aspi che a partire dal 1° gennaio 2017 andrà a sostituire tutte le altre forme di Cassa integrazione e simili. Si tratta, però, di una generalizzazione che comporterà, inevitabilmente, un aumento dei costi del lavoro per tutte quelle aziende che prima (con i vecchi sistemi di mobilità) non erano tenuti a versare oneri contributo (con l’Aspi il regime varrà anche per gli apprendisti e per i soci lavoratori di cooperativa con un rapporto di lavoro subordinato prima esclusi). Ora la tutela per chi perde il lavoro si estende a tutti e, quindi, anche le piccole imprese che non pagavano l’una tantum dovranno versare 1,40% in più per tutti i contratti a tempo non indeterminato, oltre 1,61% per la disoccupazione e allo 0,30% per la mobilità da versare solo nella fase transitoria. Infatti, prima che entri in vigore definitivamente l’Aspi, le due forme di sostegno coesisteranno fino al 2016. A tutto vantaggio per le grandi aziende che, leggendo l’interpretazione data dall’Inps nella circolare n. 44/2013, si troveranno a versare la stessa percentuale sia per i lavoratori full time che part time. Con la conseguente uniformazione dei contratti a prescindere dalle ore di lavoro effettivamente svolte in azienda.