Il principale ostacolo per l’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani è sicuramente la mole di contributi e tasse che un datore dovrebbe accollarsi per assumerli. Un problema che può essere arginato ricorrendo ai contratti di apprendistato. Sono diversi i vantaggi che si possono ottenere: prima di tutto, un’aliquota contributiva praticamente a zero per tutte quelle aziende sotto i 9 dipendenti (aliquota che, rispetto a quella standard, scende all’11,6% se i lavoratori sono più di 9); secondo, possibilità di recedere il contratto con l’apprendista alla fine della formazione; terzo, possibilità di fissare uno stipendio proporzionale all’anzianità di servizio; quarto, possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli al di sotto della categoria di riferimento (con conseguente risparmio in busta paga).
Ma nulla si dà per nulla e, a fronte delle agevolazioni appena indicate, lo Stato impone al datore di lavoro di rispettare alcuni parametri. Quello della formazione è sicuramente il principale in quanto, per sua natura, il contratto di apprendistato prevede che il giovane impari un nuovo mestiere e acquisisca un titolo da spendere presso altre imprese. Se viene meno questo principio, vengono meno anche gli sgravi con tanto di sanzioni.
Agli ispettori del lavoro, infatti, è dato il compito di accertare che l’eventuale mancanza di formazione secondo le fasi prestabilite sia imputabile esclusivamente alla volontà del datore di lavoro. Solo in questo caso scattano le penali: sanzione pecuniaria dai 100 ai 600 euro per ogni violazione delle norme del contratto collettivo; pagamento della differenza tra i contributi versati e quelli di cui il lavoratore avrebbe avuto diritto alla fine della fase di apprendistato con una maggiorazione del 100%. In alcuni casi, infine, si può disporre che il contratto passi automaticamente in tipo subordinato a tempo indeterminato con la conseguente decadenza di tutti i privilegi dell’apprendistato.
C.M.