Dall’eventuale abolizione dell’Imu sulla prima casa i maggiori benefici ricadranno sulle tasche delle famiglie laziali: a seguito di un gettito complessivo sulla prima casa che nel 2012 ha portato nelle casse dei Comuni laziali 753, 2 milioni di euro, con il mancato pagamento della prima rata dell’Imu le famiglie risparmieranno 229 euro e nell’arco dell’anno ben 457 euro. A ruota seguono quelle della Liguria: con un gettito complessivo annuo che nel 2012 è stato di 170,1 milioni di euro, il mancato pagamento della prima rata dell’Imu farà risparmiare 147 euro a giugno che si tramuterà, nel caso l’imposta sia completamente abolita, in 295 euro all’anno. Al terzo posto di questa speciale graduatoria si piazzano le famiglie piemontesi: dopo aver pagato l’anno scorso ben 379,5 milioni di euro, il vantaggio a giugno si attesterà a 137 euro, che diventerà di 274 euro su base annua.
Sono alcuni effetti economici segnalati dalla CGIA che ha misurato i vantaggi economici che le famiglie italiane potranno “godere” dall’eventuale abolizione/riduzione dell’Imu sulla prima casa.
“In linea generale – esordisce Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre – la proposta di togliere l’Imu sulla prima casa è condivisibile. Tuttavia, appare doveroso segnalare che corriamo il rischio di incorrere in nuovi rincari sulle attività produttive. Dato che il gettito della prima casa finisce interamente nelle casse dei Comuni, c’è la possibilità, a fronte di questa mancata entrata e di un eventuale ritardo nell’applicazione delle misure compensative, che molti Sindaci aumentino le aliquote sugli immobili ad uso produttivo. Uno scenario che dobbiamo assolutamente scongiurare visto che con l’Imu le imprese hanno subito un aggravio medio, rispetto a quanto pagavano con l’Ici, fino al 154%“.
Ma le preoccupazioni della CGIA non finiscono qui. L’Associazione torna a ribadire la necessità di evitare l’aumento dell’Imu sui capannoni previsto per il 2013: con l’aumento di 5 punti del coefficiente moltiplicatore, che salirà da 60 a 65, l’Imu sui capannoni costerà alle imprese italiane circa 270 milioni di euro in più rispetto a quanto versato nel 2012.
“La gravità della situazione – conclude Giuseppe Bortolussi – richiede un’ inversione di tendenza rispetto alle politiche economiche praticate in questi ultimi anni. Basta con l’austerità ed il rigore che hanno contribuito ad aumentare il tasso di disoccupazione. Bisogna, invece, ridurre le tasse e rilanciare i consumi delle famiglie, altrimenti per la gran parte delle piccole e micro imprese non c’è futuro. Visto che in Europa nel decennio scorso il 58% dei nuovi posti di lavoro sono stati creati dalle realtà aziendali con meno di 10 addetti, se non aiutiamo queste ultime non possiamo sperare di uscire da questa situazione in tempi brevi“.