È nullo l’accertamento che non tiene conto delle osservazioni del contribuente a seguito di verifica fiscale.
A chiarirlo è la Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia (Sent. CTP di Reggio Emilia n.10/04/12), secondo la quale il contribuente ha diritto nei sessanta giorni dalla notifica del Processo Verbale di Constatazione – ossia del verbale che riassume le operazioni effettuate dai verificatori e riporta i rilievi mossi al contribuente – di presentare le proprie osservazioni, così come previsto dallo Statuto del Contribuente (articolo 12, comma 7, della Legge n.212/2000).
Inoltre, sempre secondo i giudici di Reggio Emilia, l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate è tenuto a considerare le osservazioni del contribuente nella motivazione dell’avviso di accertamento.
Diversamente l’atto è nullo poiché in contrasto sia con il predetto Statuto del Contribuente e sia con le disposizioni previste dagli articoli 42 del DPR 600/73 e 56 del DPR 633/72 (le quali prevedon o espressamente l’obbligo di motivazione).
I giudici, in particolare, chiariscono che il fisco aveva l’onere di dimostrare di “aver valutato le osservazioni e motivare in tal senso gli avvisi di accertamento: non lo ha fatto e a ciò consegue la nullità degli atti”.
Infine, si tiene ad evidenziare che tale onere di motivazione non riguarda solamente l’Agenzia delle Entrate ma anche il concessionario della riscossione.
Si ricorda, infatti, una recente sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano già commentata nei mesi scorsi (Sent. CTP di Milano n.177/22/11 liberamente visibile su www.studiolegalesances.it – Sez. Documenti), la quale, allineandosi ad altre precedenti sentenze (si ricorda ad esempio la sentenza CTR Puglia n.85/09/11), dichiara la palese illegittimità di quegli atti tributari privi dei requisiti minimi di trasparenza volti a far comprendere la natura della pretesa e l’operato dell’Ufficio.
Proprio in merito alla cartella esattoriale opposta dal contribuente, i giudici della Commissione chiariscono che “è completamente priva di motivazione, non è indicato neppure che il ruolo sarebbe conseguente a controllo automatizzato della dichiarazione”.
Inoltre, si rileva che “fondata è dunque l’eccezione del ricorrente perché al medesimo non è consentito di capire come l’ufficio abbia operato. Non vi è dunque trasparenza dell’operato dell’Ufficio in violazione del diritto di difesa del contribuente. Ne segue che gli importi iscritti al ruolo potrebbero essere probabili ma non anche certi e dovuti…”.
I giudici meneghini, pertanto, concludono riportandosi alla sentenza della Suprema Corte n.18415 del 16/09/2005, la quale anch’essa sancisce l’illegittimità della cartella esattoriale “muta”, ossia che non permette al contribuente di comprendere l’operato dell’Ufficio.
Avv. Matteo Sances