Saltano i crediti d’imposta se si licenza prima dei tre anni

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L’impresa che assume beneficiando del credito d’imposta deve essere disposta ad offrire un impiego stabile nel tempo, pena la decadenza del bonus stesso. Con una recente sentenza della Corte di Cassazione (sent. n. 17431/2013), infatti, si è voluto sottolineare questo principio fornendo un deterrente per tutte quelle aziende che intendessero licenziare pur avendo usufruito dell’agevolazione.
Il caso, nello specifico, ha interessato una impresa edile che nel 1998, a causa della interruzione dei lavori, aveva deciso di ridurre il personale a sua disposizione. Decisione che, però, aveva portato l’Agenzia delle Entrate a revocargli i benefici fiscali avvalendosi di quanto stabilito dall’articolo 4 della legge 449/1997 dove si afferma che il credito d’imposta è utilizzabile a patto che i lavoratori siano assunti per un periodo non inferiore ai 3 anni. I dipendenti coinvolti nel caso (5 in tutto) erano stati licenziati entro dua anni dall’assunzione con la causale che i lavori nei cantieri erano stati interrotti.
L’impresa ha provveduto subito ad impugnare il provvedimento presso la commissione tributaria provinciale ma è con la successiva sentenza del Tar (a cui l’ufficio delle Entrate avevano fatto appello) che si stabilisce per la prima volta la responsabilità dell’impresa. Responsabilità poi convalidata anche dalla Cassazione.
Il licenziamento era ammesso solo in caso di causa di forza maggiore come una eventuale crisi economica che però non è stata dimostrata. Ne consegue che la semplice chiusura dei cantieri, fosse anche per decisione di terzi committenti e non dell’azienda, non è sufficiente a giustificare il licenziamento.
Il fatto, dunque, che gli stessi lavoratori potessero essere ricollocati in altri settori o cantieri dell’impresa (non avendo questa cessato definitamente l’attività) è ragione tale per condannarla alla perdita dei crediti d’imposta.