In tempo di crisi il contratto di permuta è certamente uno degli strumenti grazie al quale è possibile continuare a lavorare. Uno strumento che permette alle imprese di continuare ad avere rapporti commerciali pur non disponendo di liquidità. In pratica, si tratta di un sostanziale “baratto” attraverso cui ci si scambia letteralmente beni e/o servizi tra loro.
Lo scambio, però, non è esente dal pagamento delle tasse, in particolare dell’Iva. E dove c’è Iva c’è anche fattura. Infatti, secondo il Dpr 633/72, ogni singolo bene o servizio scambiato dovrà essere fatturato. Quello che bisogna stabilire è quale sia il momento esatto in cui emettere il documento fiscale.
Partendo dal dato che il valore del bene/servizio da indicare in fattura sarà sempre quello nominale, il documento dovrà essere generato nel momento in cui verrà consegnato o spedito il bene (qualora si trattasse di oggetti mobili) o nel momento in cui viene pagato il corrispettivo per il servizio erogato.
Scendendo nei casi particolari abbiamo:
Scambio beni vs beni: la fattura dovrà essere emessa nel momento in cui viene cessato o spedito il primo bene.
Scambio beni vs servizi: se viene erogato per primo il servizio, chi lo riceve dovrà emettere la fattura a fronte del bene che dovrà permutare in cambio mentre il primo soggetto non dovrà emettere ricevuta fiscale se non quando ha ricevuto il bene in questione. In caso contrario si rilascerà la fattura all’atto della consegna del bene.
Scambio servizi vs servizi: in questo caso la fattura dovrà fare seguito alla seconda prestazione offerta a testimonianza anche che il primo servizio sia stato effettivamente corrisposto. Ciò non toglie che il primo soggetto che effettua la prestazione possa liberamente emettere fattura anche senza che abbia ancora ricevuto nulla.
In tutti i casi, sarà importante indicare nel documento che si tratta di permuta secondo quanto stabilito dagli articoli 11 e 13, comma 2, lettera d) del Dpr 633/72.
C.M.