Accertamento del reddito: le condizioni di salute del contribuente incidono sugli studi di settore

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Il Fisco deve prestare la massima alla singola situazione del contribuente e non applicare come con la scure in mano i rigidi parametri degli studi di settore per determinare presuntivamente il reddito. A ribadirlo è Giovanni D’Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti” dopo aver ricevuto l’ennesima conferma da un’importantissima sentenza della Commissione Regionale Tributaria di Lecce, sezione 24, la numero 225/24/13, depositata il 18 settembre, che, in tema di studi di settore, ha ribadito in toto l’annullamento dell’avviso di accertamento già invalidato in primo grado, perché l’Agenzia delle Entrate non ha tenuto conto della particolare situazione familiare del contribuente applicando rigidamente e senza alcuna valutazione soggettiva gli studi di settore adeguando i redditi alla specifica situazione, specie quando si versa in gravi condizione di salute.

Il caso trae spunto da un avviso di accertamento per l’anno 1998 con il quale erano stati accertati maggiori ricavi determinati esclusivamente sulla base degli studi di settore in virtù di ricostruzione parametrica con conseguente accertamento di maggiori imposte irpef, irap ed iva oltre le relative sanzioni.

Avverso tale avviso il contribuente, difeso dal tributarista avvocato Maurizio Villani, proponeva ricorso rilevando che lo stesso era stato effettuato solo in virtù delle presunzioni derivanti dalla suddetta ricostruzione parametrica senza che vi fossero altri elementi probatori a sostegno della presunzione stessa. Al contempo, il ricorrente dimostrava con documentazione sanitaria di aver avuto gravi problemi di salute personali e familiari che avevano giustificato lo scostamento del reddito dichiarato da quello ricostruito.

Tali motivi erano stati ritenuti validi dalla Commissione Tributaria Provinciale di Lecce che aveva annullato l’avviso al quale proponeva appello l’Agenzia delle Entrate, poi rigettato con la decisione in commento.

Rileva, infatti, la corte regionale che seppur formalmente corretto l’iter accertativo così come le determinazioni reddituali anch’esse formalmente corrette, “occorre tuttavia ricordare che l’applicazione degli studi di settore consente di ottenere risultati che non possono essere considerati prove, ma solo presunzioni sulle quali lavorare per ottenere risultati finali. Ed inoltre “Gli automatismi della ricostruzione reddituale necessitano sempre della valutazione critica del caso specifico in cui trovasi il contribuente. Lo strumento degli studi di settore deve gungere da supporto per l’attività accertatrice, ma non può sostituirsi ad essa…”

Nel caso in questione, come correttamente evidenziato dai giudici, il contribuente ha dimostrato sia innanzi alla commissione di primo grado ma anche in contraddittorio con i funzionari del fisco la drammatica situazione familiare venutasi a creare per i gravi problemi di saluti suoi e dei membri della sua famiglia che hanno fortemente ridotto l’attività aziendale. Elementi non adeguatamente considerati dall’Agenzia delle Entrate tanto da far ritenere che “non vi sia stata quella valutazione critica degli elementi concreti che doveva portare ad una profonda revisione del calcolo matematico applicato rigidamente”.

Ma v’è di più. Sottolineano i giudici tributari che “l’accertamento dell’Ufficio non ha tenuto in debito conto le difficoltà di salute e familiari attraversate dal ricorrente, ma ha applicato rigidamente le risultanze degli studi di settore”. Ribadisce quindi la corte di secondo grado: “nel caso in discussione l’accertamento doveva tenere conto della situazione personale del ricorrente ed adeguare i redditi alla situazione. La determinazione del maggior reddito accertato dall’Ufficio quindi non poteva essere applicato senza alcuna modifica ma andava adeguatamente adattato alla situazione del contribuente”.

Lo “Sportello dei Diritti” fa presente che la sentenza in questione è importante soprattutto in questo periodo di presentazione del modello unico.