Stop agli intrecci tra Redditometro e studi di settore

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Il Redditometro e gli studi di settore non possono essere usati correlati tra loro per giustificare un maggiore reddito da parte del contribuente titolare d’impresa. Lo stabilisce una sentenza del Ctr Liguria n.47/05/2013) il quale si è trovato a stabilire se l’avviso di accertamento su Irpef, Irap e Iva emesso da parte del Fisco ad un contribuente era legittimo o meno. Secondo l’ufficio del Fisco, infatti, con l’accertamento sintetico (ovvero Redditometro) dichiarato si prefiggeva un tenore di vita del soggetto non ritenuto congruo rispetto, invece, a quanto rilevato tramite gli studi di settore dell’impresa di era titolare. Gli accertamenti induttivi, infatti, avevano fatto emergere una situazione ricavi/compensi minore rispetto alle spese sostenute a livello personale dal contribuente. Sulla base di tale incongruenza, il Fisco ha pensato bene di ricalcolare gli studi di settore per farli coincidere appunto col Redditometro. Operazione subito bloccata dai giudici del Ctr Liguria i quali hanno dichiarato non solo che i due sistemi di accertamento (analitico-induttivo o induttivo e sintetico) non possono essere correlati in quanto basati su parametri tra loro differenti, ma che il tenore di vita del soggetto indagato può essere determinato anche da altre entrate che prescindono quelle derivanti dall’impresa di cui è titolare.
La motivazione che sta alla base della sentenza, dunque, sta nel fatto che i due strumenti hanno due precise finalità che li rendono non utilizzabili congiuntamente: per quanto concerne gli studi di settore, infatti, questi servono per stabilire quali ricavi o compensi una impresa possa presumibilmente ottenere dalla propria attività; il Redditometro, invece, lavora a più ampio spettro rilevando tutti quei redditi che contribuiscono a determinare le entrate complessive del contribuente e, quindi, del suo tenore di vita.

C.M.