La manovra per riportare i conti italiani in ordine o meglio riportare i conti secondo i desiderata della cancelleria tedesca segnala l’ennesima, grande operazione di finanza creativa operata sul bilancio pubblico. Per carità, non è certo il duo Saccomanni- Letta ad avere inventato la prassi di “cucinare i libri” contabili (“cook the book”, in termini anglosassoni) ma sicuramente anche loro stanno contribuendo alla ultradecennale prassi. Oltre all’odiosa prassi di aumentare le tasse, specie quelle meno visibili (vedi il rincaro sui bolli sui depositi bancari) Saccomanni e Letta hanno strombazzato una grande iniziativa capace di rimettere in sesto il bilancio nazionale: le privatizzazioni e la dismissione del patrimonio pubblico. E tutti i giornali e le televisioni nazionali, quelle che puntellano e sostengono un governo illegittimo gestito da Giorgio Napolitano (pensa te) hanno suonato la grancassa facendo capire che si trattava davvero di un’azione incisiva, efficace e moderna. Il punto qual’è? In linea di principio che lo Stato debba fare il petroliere o il costruttore di navi o il proprietario di servizi bancari (Poste Italiane questo è diventato in realtà) non è corretto. Lo Stato deve dare le regole, eseguire le regole e sanzionare chi non segue le regole. Ma si tratta di uno schema semplicistico. Lo Stato è anche un grande soggetto economico, che influenza l’economia e quindi inevitabilmente lo Stato per perseguire fini che sono anche sociali (costruzione di infrastrutture, gestione di servizi che non trovano convenienze nel mercato) acquisisce uno status imprenditoriale. Succede anche in America (anche più che da noi, basti pensare ai colossi dei mutui Fannie Mae e Freddie Mac, pubblici ma quasi monopolisti sul mercato finanziario più libero del mondo) non c’è da scandalizzarsi. Se poi si decide di vendere a privati, tuttosommato va bene a patto che si tratti di vere privatizzazioni e non di piaceri agli amici degli oligarchi al potere (Telecom Italia ancora grida vendetta, per non parlare della finta privatizzazione di Alitalia) E a patto di non lamentarsi se poi strutture strategiche e settori strategici come quello energetico vanno in mano a stranieri che li acquistano, magari a prezzi di saldo dai nostri imprenditori, razza solitamente squattrinata, affamata e predona. Quello che non va, invece, quello che sa di finanza creativa è come queste partecipazioni vengono vendute e che fine fa il loro ricavato. Il punto è di una semplicità estrema. Lo Stato italiano è sommerso dai debiti. Ha il terzo debito pubblico al mondo. Questo non sarebbe un problema, sarebbe un problema tra Stato e suoi cittadini se non fosse che, per cedere sovranità e omaggiare le oligarchie internazionali, noi questo debito non lo avessimo venduto a soggetti esteri. Il guaio è lì perché questi soggetti esteri (grande finanza anglosassone, agenzie di rating) praticamente con l’acquisto del tuo debito comandano in casa tua, ti impongono Mario Monti, Napolitano Bis e oggi Letta. La sovranità popolare è stata barattata con un piatto di lenticchie fatto di Bot e Cct venduti a Jp Morgan (per dirne una).Detto questo la vendita di pezzi del patrimonio (Eni, Fintecna e quant’altro) si giustifica solo se riduce il debito complessivo. Anzi, è necessaria perché il debito costa ed è pericoloso e se tu hai degli attivi conviene dismetterli per ridurre il debito stesso. Ma il nostro governicchio sembra voler fare un’altra operazione, scorretta e pericolosissima. Il governo vuole vendere asset di sua proprietà per finanziare il deficit di fine anno. Come se una famiglia si vende l’argenteria per pagare i mutui e le bollette. L’anno dopo i mutui e le bollette restano lì, ma l’argenteria non ci sarà più. E questo i giornaloni e le televisioni di lorsignori non lo dicono, perché così si disturba il manovratore. L’importante è che in cassa arrivino dei soldi se no la Merkel rompe le scatole: Che poi i soldi siano frutto di vendite del patrimonio o soldi derivanti dal reddito guadagnato in corso di anno non gliene frega niente. A noi invece importa e molto perché se si dilapida il patrimonio per pagare le bollette ad un certo punto i soldi finiranno le bollette non verranno pagate più e la luce verrà, inesorabilmente, staccata.
Pietro Colagiovanni