Morto il Porcellum, salviamo l’Italia

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porcellumViviamo tempi strani. Tempi di transizione non è chiaro verso cosa. Il futuro è incerto e quindi, come suonava una canzone di qualche anno fa,è una vita difficile. E’ chiaro a tutti, nonostante la propaganda di stato , che il sistema su cui si è sinora retta l’Italia (il consociativismo redistributivo frutto della guerra fredda) è finito, da un pezzo ormai. Ma non è chiaro quando giungerà il punto di flesso che ne consacrerà la fine, ne è chiaro cosa potrà venire dopo. Intanto con la pronuncia della Corte Costituzionale che ha finalmente eliminato la scandalosa legge elettorale italiana definita Porcellum, un altro passo verso il funerale del vecchio sistema è stato fatto. Dobbiamo dare atto al Movimento Cinque Stelle, con la sua presenza, di aver accelerato l’agenda della trasformazione, di aver dettato a tutti i temi più rilevanti, incluso quello della riforma di una legge elettorale adatta forse all’Uzbekistan ma non ad una democrazia per così dire evoluta. Il movimento di Grillo è una forza dirompente, una forza di cambiamento e il suo ruolo in questa fase è quantomai prezioso. Al di là della virulenza con cui esprime le sue sacrosante ragioni è un movimento politico pacifico e radicato nella democrazia. Non è una cosa da poco, tenuto conto di quanto sta accadendo in altre democrazie devastate dalla crisi e dalla necessità di cambiare, come la Grecia. Che poi il Movimento Cinque Stelle sia o sarà anche una forza di governo e di gestione del futuro questo è tutto da dimostrare e sinora i segnali sono contrastanti. Ma restiamo all’oggi, alle turbolenze, ogni giorno più grave, che la crisi di aggiustamento sistemico dell’intera Europa occidentale ci pone. La nuova organizzazione dei rapporti di produzione, con le macchine e i computer a svolgere sempre di più il lavoro degli esseri umani, è tutta fondata sull’efficienza e sul merito. Per avere un salario non basta fare delle cose, magari ripetitive e iterative, ma devi fare delle cose utili e intelligenti. In Italia un’oligarchia creata dal sistema consociativo-redistributivo ha invece imposto un sistema di affiliazione tribale, in cui la cooptazione vince sul merito, il rapporto di parentela o di affiliazione di sapore feudale ha sempre la meglio. Tutto sommato il Porcellum santificava questa prassi. Chi era al potere sceglieva, ad libitum, chi doveva essere eletto e tutti gli oligarchi erano felici e contenti. Il punto è che un sistema oligarchico di questo genere si basa sull’abbondanza delle risorse economiche. E questo è stato vero sino al 1989 (l’Italia era pagata e foraggiata sia dai russi che dagli americani) e anche dopo. Ma dopo si è fatta un’operazione di sistema veramente criminale. Anziché redistribuire (prima a se stessi, poi al popolo per evitare sommosse) le risorse che arrivavano dai due blocchi in contrapposizione mondiale (e noi avendo il più grande Partito Comunista d’occidente sfruttavamo una rendita di posizione invidiabile) ci siamo indebitati. Il debito pubblico enorme a questo è servito. Non ha avuto alcuna funzione keynesiana, non ha creato infrastrutture moderne e competitive ma ha permesso di continuare la prassi distributiva iniziata nel dopoguerra. Con un continuo peggioramento, visto che erano saltati pure i controlli imposti all’arrivo dei soldi. Prima russi e americani finanziavano l’Italia e il suo sistema di potere vegliando su come venivano impiegati i soldi. Dopo con i soldi gli oligarchi al potere (politici, ma non solo) ci hanno fatto quello che hanno voluto, sino ad arrivare, come è arrivato il leghista Cota, a pagarsi le mutande verdi durante una gita americana. I soldi però sono finiti, il debito non può più essere incrementato, l’Italia produce poco valore aggiunto e quindi, secondo la legge inesorabile della struttura economica che informa la struttura sociale , i nodi sono arrivati al pettine. La sentenza della Corte Costituzionale si iscrive in un tradivo, forse inutile tentativo delle oligarchie al potere di conservare un ruolo e un posto. D’altronde la Corte Costituzionale, organo eminentemente politico e pura espressione degli oligarchi al potere (basta vedere i privilegi che a questi giudici vengono elargiti) aveva deciso in prima istanza secondo il principio di autoconservazione del potere. Aveva rimandato tutto a gennaio, cercando manzonianamente di sopire e troncare. Evidentemente il Presidente della Repubblica, massima espressione dell’oligarchia ha avuto paura. Lui, il migliorista, ha forse fiutato che lo scenario non era più dei migliori. E allora ha spinto (si chiama moral suasion, in pratica è il sistema di comando in vigore tra chi ha vincoli di affiliazione) i giudici della Corte Costituzionale a darsi una mossa. E alla fine Napolitano ha fatto una cosa giusta, nonostante la sua logica non fosse quella giusta. Oggi gli oligarchi devono decidere, e devono decidere in fretta. Il governicchio di Letta, puro spirito democristiano di un mondo ormai trapassato, deve prendere atto che non ha alcun senso, se non quello di traghettare al più presto il paese a nuove elezioni, con regole finalmente decenti. L’Unione Europea può aspettare, così come la signora Merkel. Lo spread ce lo giochiamo al lotto, i rating li fornissero ai loro padroni nordamericani. Oggi l’Italia di deve organizzare per il futuro, deve adeguarsi al nuovo mondo, deve ricreare una speranza che trenta anni di malgoverno hanno totalmente affossato. Ce la possiamo ancora fare ma dobbiamo fare subito, maledettamente subito.

Pietro Colagiovanni