Reclusione da sei mesi a due anni. Questa è la pena che rischiano tutti quei contribuenti che hanno dichiarato un’Iva superiore ai 50.000 euro ma che non hanno provveduto a versarla. In vista della prossima scadenza per l’acconto dell’Imposta sul valore aggiunto prevista per il 27 dicembre, è bene conoscere i rischi in cui ci si potrebbe imbattere in caso di maturazione del reato di omesso versamento.
Di recente, infatti, alcune sentenze della Cassazione si sono dimostrate particolarmente punitive nei confronti di quei soggetti che, pur avendo maturato e dichiarato l’Iva per importi che supereranno i 50.000 euro, non hanno provveduto a versarla come impone la legge. La sanzione penale prevista dall’articolo 10-ter del Decreto legislativo 74/2000, secondo quanto sancito dalla sentenza n.37424/2013 della Cassazione appunto, non esclude inoltre l’applicabilità della sanzione tributaria qualora fosse rilevate contestualmente. Questo vuol dire che il contribuente che si macchia del reato di omesso versamento dovrà rispondere ad entrambe le pene.
Non solo. Il Tribunale di Milano (sent. n.2818/2012) ha rincarato la dose non accentando come giustificazione nemmeno lo stato di difficoltà economica. Questo perché, pur portando a proprio discapito una documentazione dettagliata che dimostri l’effettivo stato di crisi, resta fermo il principio “dell’accantonamento” delle somme per cui, una volta emessa fattura e quindi maturato l’obbligo di versamento dell’imposta, il contribuente è tenuto a non disporre della quota Iva ma a metterla da parte per poi versarla.
Resta fermo che il soggetto che ha già provveduto a richiedere un piano di rientro all’Agenzia delle Entrate non sarà imputabile di reato.
C.M.