Italia: è crisi di invenzioni. Leggi e burocrazia frenano creatività. Innovare per sostenere le Pmi

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Nella classifica Epo, il Belpaese scivola all’undicesimo posto per deposito di brevetti -2,7%. Avv. Del Re: “Colmare il gap tra riconoscimento e realizzazione industriale. Necessario diffondere i principi di proprietà industriale al fine di aumentare la qualità dei depositi in termini innovativi e legali” L’Italia Paese di inventori? Secondo la tradizione sì, ma a leggere i dati sui brevetti dell’EPO – Ufficio Brevetti Europeo – si fa fatica a crederlo.
Secondo la massima istituzione Europea in tema di proprietà industriale l’organo dell’organizzazione Europeaal primo posto per numero di brevetti depositati ci sono gli Stati Uniti seguiti dal Giappone e dalla Germania,  l’Italia è all’11° posto con 4.662 brevetti l’anno con un trend che non fa ben sperare. I depositi di domande di brevetti europei effettuati da richiedenti italiani presso l’EPO nel 2013 sono, infatti, diminuiti del 2,7%, al contrario di quanto è avvenuto per Germania, Francia, Svizzera, Gran Bretagna e Olanda.
La classifica è dominata dagli Usa (24% delle domande presentate), Giappone (20%), Germania (12%), Cina (8%), Corea del Sud (6%), Francia (5%), Svizzera e Olanda (3%), Gran Bretagna e Svezia (attorno al 2%).
L’Italia rischia di diventare terra di conquista di aziende estere a discapito delle piccole e medie imprese italiane: “Il problema maggiore per il nostro Paese si nasconde all’interno dei numeri – spiega l’Avv. Guido Del Re –  infatti, il numero di domande che alla fine dell’esame sostanziale vengono riconosciute come brevetti per invenzione industriale diminuisce drasticamente, per poi ridursi ancora in maniera netta tra il riconoscimento e la realizzazione industriale del ‘trovato’. Per questo è necessario diffondere i principi di proprietà industriale a tutti i livelli sociali al fine di aumentare la qualità dei depositi in termini di forza innovativa e legale, per esportare i nostri brevetti nel mondo”.
Alessandro Maola