Ci sono alcuni interessanti novità nella legge di conversione 132 del 2015 del decreto legge 83 sempre del 2015 relative al processo civile, all’esecuzione e al fallimento. Alcune sono alquanto rilevanti. Vediamo quelle che possono avere un certo interesse per una platea non solo specialistica. La prima novità riguarda l’esecuzione, ossia quando un debitore viene aggredito nei suoi ben con un titolo esecutivo, insomma quando arriva l’ufficiale giudiziario, per capirci. Ebbene la novità della legge 132 è che il precetto, ossia l’ultimo atto che scatena l’ufficiale giudiziario deve sempre contenere la previsione di un possibile accordo per risolvere la crisi di sovraindebitamento attraverso un organismo di composizione o un professionista scelto dal giudice. Insomma mentre prima il precetto era secco ora si può cercare una mediazione. In teoria una misura per aiutare il creditore a recuperare qualcosa dei suoi soldi per vie bonarie, in pratica si dovrà verificare quanto questa previsione non possa essere utilizzata per ulteriori tattiche dilatorie, frequenti in Italia visto lo sfascio della giustizia civile (e forse non solo quella). Altra novità di interesse riguarda la possibilità di risolvere il pignoramento con una rateizzazione, sino a 36 mesi. L’articolo 44 infatti dice che il giudice, se ricorrono giustificati motivi, può disporre che il debitore versi nel termine massimo di 36 mesi e con frequenza mensile quanto dovuto, ovviamente con aggiunta degli interessi dilatori, calcolati in forma scalare. Si tratta di una prassi ormai molto diffusa (vedi le rateizzazioni con Equitalia) che ha il duplice vantaggio di evitare le costose e spesso infruttuose vendite successive al pignoramento e dall’altra parte, vista la sorveglianza di un giudice, dare garanzie al creditore sull’effettivo incasso di quanto dovutogli.
Ultima novità rilevante è il pignoramento delle pensioni e degli stipendi. Anche qui innova la legge 132 stabilendo che, fatto salvo casi specifici, si possono pignorare le pensioni nel limite eccedente l‘assegno sociale aumentato della metà.Oggi questa somma corrisponde a circa 670 euro. Attenzione, però superata tale franchigia, impignorabile, il resto può essere pignorato nei limiti di un quinto Insomma se si ha una pensione sotto i 670 euro non si può pignorare nulla (nemmeno il famoso quinto che prima veniva aggredito). Se si supera questo tetto si pignora l’eccedenza per un quinto. Lo stesso meccanismo vale per gli stipendi e i salari: questi non possono essere pignorati per una somma inferiore a tre volte l’assegno sociale (quindi sino a 1344 euro) Questa franchigia però vale solo prima del pignoramento. Una volta effettuato il pignoramento si torna al quinto dello stipendio, come da prassi consolidata. In pratica si è creato uno scudo certo, sinora alquanto discusso e poco chiaro, per i pensionati dal reddito più basso. Sembra una cosa giusta, visto che la pensione è l’unica fonte di sostentamento e deve tener conto delle necessità indispensabile della vita quotidiana.
E forse 670 euro sono pure pochi, ma è anche vero che lo Stato di pensioni più alte ne paga davvero poco se è vero che la gran massa delle pensioni si situa sotto l’asticella dei 500 euro. (Pietro Colagiovanni)
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