Il Rapporto Svimez del 2016 traccia un quadro con pochi chiari e tanti scuri sull’economia del Mezzogiorno che dopo anni di crisi, sta dando segnali di vitalità e ripresa. Nel 2015 nel sono cresciuti il Pil (+1%) e gli occupati (+1,6% pari a 94 mila unità) e nel 2016 è salita anche l’occupazione giovanile che registra un +3,9% rispetto a una media nazionale del +2,8%,nonostante ciò,ci sono ancora emergenze; 10 cittadini su 100 versano in povertà assoluta e incombe “il rischio desertificazione” per l’esodo continuo di giovani in età produttiva e di talenti. Negli ultimi venti anni il Sud ha perso 1,113 milioni di unità, la maggior parte dei quali concentrati nelle fasce d’età produttiva tra 25-29 anni e 30-34,dopo sette anni di crisi ininterrotta, l’economia ha iniziato la ripresa”, sebbene in ritardo non solo rispetto al resto dell’Europa ma anche al resto del Paese.L’economia sta dimostrando una certa vitalità ma va alimentata con la continuità degli investimenti e dei programmi, dal 2007, il Pil è calato del -12,3%, quasi il doppio della flessione registrata nel Centro-Nord (-7,1%). I risultati del mercato del lavoro meridionale, sono nel complesso positivi che si riflettono in un aumento dell’occupazione e un calo della disoccupazione, non debbono però far perdere di vista le criticità, in quanto i livelli occupazionali al Sud sono ancora troppo distanti da quelli precedenti alla crisi. L’unica regione del Sud vicina ai valori del 2008, è la Basilicata.
A fare da volano per l’aumento dei posti di lavoro al Sud sono in particolare l’agricoltura (+5,5%), il terziario (+1,8%),e il turismo. Nell’industria nel 2015 vi è stato ancora un calo degli occupati -1,6%, che, però, nei primi mesi del 2016 inverte il segno: +3,9%, mentre prosegue la caduta degli occupati nelle costruzioni -4%. Gli occupati salgono ma perdono peso le occupazioni più qualificate, cresce il lavoro part-time in professioni meno qualificate. Nel 2015 l’incremento del tempo pieno è più forte al Sud (+1,3%, a fronte del +0,4% del resto del Paese) favorito dalla riforma del job acts e dalla decontribuzione piena sulle nuove assunzioni. Non a caso aumenta, invece, al Centro-Nord e cala al Sud all’inizio del 2016, quando la decontribuzione scende dal 100% al 40%.La povertà e le disuguaglianze sociali sono ancora un’ombra sulla crescita del Sud. Nel 2015, 10 meridionali su 100 risultano in condizioni di povertà assoluta, contro poco più di 6 nel Centro-Nord. Il rischio di cadere in povertà è triplo al Sud rispetto al resto del Paese, nelle due regioni più grandi, Sicilia e Campania, sfiora il 40%,.
Alfredo Magnifico