La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24803 del 2016, è intervenuta in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo ed ha stabilito che spetta al magistrato “il controllo in ordine all’effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro”.
Nel caso in specie, un impiegato amministrativo era stato licenziato per motivo oggettivo, in considerazione sia della sfavorevole situazione del servizio sanitario, definita «non meramente contingente», e che aveva portato alla chiusura del reparto di fisiokinesiterapia a seguito della sospensione delle prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale; sia per la riduzione drastica dei ricavi aziendali e per la necessità di disporre di un nuovo assetto organizzativo per una più economica gestione dell’impresa.
Sebbene la società a mezzo di testimoni, avesse provato che nello stesso periodo erano stati licenziati anche due fisioterapisti, e che nel reparto vi era stata una riduzione di orario durata nel tempo, sia il tribunale di primo grado che i giudici dell’appello avevano accolto le censure del lavoratore.
La Cassazione – a cui l’azienda aveva fatto ricorso – ha rigettato le doglianze di parte datoriale e ha statuito che la genericità delle dichiarazioni rese dai testi in ordine alla stabile e non temporanea soppressione del reparto cui era addetto il lavoratore licenziato, nonché la non comprovata situazione di crisi economica dedotta come ragione del recesso, rendevano di fatto pretestuosa la ragione addotta a motivo di recesso.
Alfredo Magnifico