Un’ amarissima previsione viene fuori dall’ufficio studi della Cgia che pur prevedendo la diminuzione della pressione fiscale di 0,3 punti percentuali (attestandosi così al 42,3 per cento), l’ aumento del PIL di circa un punto,la crescita del numero degli occupati di quasi 112.000 unità e la diminuzione dell’esercito di disoccupati di 84.000 persone, la mole di tempo che sarà necessaria per ritornare ai livelli pre-crisi ovvero al 2007, circa 7 anni ancora.Il 2017 sarà per l’Italia un anno in chiaroscuro caratterizzato da meno tasse e più lavoro forse il nostro Paese tornerà ai livelli pre-crisi solo nel 2024,nel 2016 l’economia italiana è arretrata ai livelli del 2000.In base ai dati di contabilità nazionale pubblicati dall’Istat relativi al Pil reale sugli scenari delle economie locali, secondo la Cgia, dovremmo recuperare gli 8,7 punti percentuali di Pil persi tra il 2007 e il 2013 solo nel 2024, vale a dire fra 7 anni. I consumi delle famiglie, che a causa della crisi sono crollati di 7,6 punti percentuali, li dovremmo riconquistare entro il 2021 e i 28 punti percentuali circa di investimenti bruciati in questi anni non prima del 2032.Preoccupante anche la situazione relativa al mercato del lavoro;se tra il 2007 e il 2013 il tasso di disoccupazione è quasi raddoppiato, passando dal 6,1 al 12,1 per cento, le previsioni delle dinamiche occupazionali dell’Istat e di Prometeia stimano che il livello dei senza lavoro (attualmente all’11,5 per cento circa) dovrebbe ritornare al 6 per cento solo nel 2032 (tra ben 15 anni), mentre l’occupazione pre-crisi nel giro di un paio d’anni (2018-2019).Sebbene le tasse siano destinate a scendere grazie, in particolar modo, alla riduzione dell’Ires che interesserà le società di capitali e l’occupazione è destinata ad aumentare in virtù della fiducia ritrovata tra i piccoli imprenditori la ripresa economica del nostro Paese rimane ancora molto debole e ben al di sotto della media Ue. Nel 2017 il nostro Pil dovrebbe attestarsi attorno all’1 per cento, in Ue, invece, è destinato a toccare l’1,6 per cento. Tra tutti i 28 paesi dell’Unione, solo la Finlandia registrerà quest’anno una crescita più contenuta della nostra”. A differenza di quanto è successo per buona parte del 2016 speriamo che il governo Gentiloni torni a discutere e a decidere sui grandi temi: come creare lavoro, quali politiche industriali sviluppare, come affrontare le sfide che l’economia internazionale ci pone, altrimenti rischiamo di veder aumentare la disoccupazione, la povertà e le disuguaglianze che stanno minando la coesione sociale del nostro Paese.
Alfredo Magnifico