Mobbing: sanzioni disciplinari, controlli e visite fiscali pretestuose. Va risarcito il dipendente

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FOTO DI REPERTORIO

E chi aveva detto che il mobbing continuava sui luoghi di lavoro ma era sparito dalle aule di Giustizia? Non la pensa così la Cassazione con un’importantissima ordinanza della sezione lavoro che ha confermato la decisione della Corte d’Appello di Salerno che ha condannato al risarcimento del danno il MIUR e un Istituto Tecnico commerciale in quanto sanzioni disciplinari e visite fiscali al dipendente integrano il mobbing quando sono pretestuose. Le ripetute contestazioni infondate e l’invio del medico a casa del lavoratore che si sa gravemente malato, costituiscono una condotta vessatoria che deve ritenersi frutto di un risentimento maturato nel tempo. E se a porla in essere è il capo dell’ufficio nel pubblico impiego è l’amministrazione che è obbligata a risarcire il dipendente per omessa vigilanza sul dirigente. A ribadire tali principi è l’ordinanza 11739/19, pubblicata il 3 maggio che evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ritiene assai significativa in quanto riporta in auge il fenomeno del mobbing e la sua riconoscibilità giuridica quale foriera di danni risarcibili in capo ai dipendenti vessati dai superiori. Nella fattispecie è così stata confermata in ultimo grado la condanna a risarcire quasi 28 mila euro all’ex insegnante: a tirare fuori i quattrini dovranno essere il ministero dell’Istruzione e l’istituto tecnico commerciale dove insegnava la professoressa. Che, come in molti casi di mobbing è un’ottima docente come confermato anche dai testimoni. L’unica sua colpa: essere entrata in rotta di collisione con la dirigente scolastica che, emerge dalla decisione, l’ha presa proprio di mira. Dapprima con ben tre provvedimenti disciplinari, poi dichiarati illegittimi dal giudice di primo grado. E non solo: la signora è sottoposta a continui controlli improvvisi da parte del personale della scuola mentre si trova in aula con gli studenti: una denigrazione della professionalità che risulta ingiustificata, viste le riconosciute qualità dell’insegnante. Ingiuriosa, poi, è la contestazione per aver utilizzato i bagni degli alunni: la professoressa è stata operata di tumore e la scuola lo sa, perché è stata avvisata delle terapie necessarie nel post-intervento. Insomma: nessun dubbio che possa ritenersi integrato il mobbing. La sussistenza della condotta vessatoria sussiste sia per l’accertato intento persecutorio che unifica i singoli atti vessatori, di per sé stessi sufficienti a ricondurre nell’ipotesi di responsabilità datoriale. Nel caso in questione, non può essere frutto di un contrasto momentaneo il trattamento riservato dalla preside alla docente, che patisce danni alla salute oltre che un pregiudizio alla dignità professionale per le sanzioni disciplinari degradanti e offensive. La Corte di merito che aveva ribaltato la decisione del Tribunale di Salerno, si è limitata a osservare che anche in assenza di mobbing ci possono essere singole condotte tali da poter essere considerate in sé mortificanti per il lavoratore e dunque risarcibili, in quanto foriere di lesioni all’integrità psico-fisica. Al Ministero ed alla scuola non restano che pagare le spese di giudizio e il contributo unificato aggiuntivo.

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