L’angolo della Psicologa: il pensiero che perde la strada giusta e le indicazioni per ritrovarla

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Negli articoli precedenti abbiamo esplorato il meraviglioso mondo delle emozioni, abbiamo imparato a chiamarle per nome, a distinguerle, a comprenderne la grande valenza educativa ed infine, a gestirle attraverso la comprensione del processo che ci porta a sentirle.

Nell’ultima tappa del nostro viaggio metaforico nell’universo emotivo toccheremo invece il tema dei pensieri, in particolare di quelli considerati “dannosi”, cioè quei pensieri che ci portano ad avere reazioni emotive esageratamene negative relativamente ad una determinata situazione.

I pensieri dannosi, detti anche disfunzionali descrivono in modo non realistico gli eventi causandone la distorsione;
tendono all’esagerazione ed all’assolutismo;
non aiutano a raggiungere gli scopi desiderati; portano a reazioni emotive eccessivamente intense e prolungate.

Invece, i pensieri considerati “buoni” e quindi funzionali, sono quelli che favoriscono una visione maggiormente realistica e positiva della realtà. Tale visione permette di ridimensionare l’impatto emotivo degli eventi, migliorando anche il processo che porta al conseguimento dei propri intenti.


I pensieri disfunzionali sono stati distinti in diverse categorie:

1.Pensiero assolutistico: è una modalità di pensiero che si esprime con espressioni quali «Devo assolutamente ottenere quello che desidero», «Gli altri devono sempre trattarmi bene», «Certe cose non devono assolutamente succedere». L’illogicità di tale pensiero sta nel fatto che partendo da un obiettivo che si preferirebbe conseguire (ad esempio, ricevere approvazione dagli altri, ottenere considerazione e rispetto dagli altri), trasformiamo tale obiettivo da preferenza razionale a esigenza assoluta che assume la forma di «doverizzazione».

2.Pensiero catastrofico. Consiste nell’esagerare l’aspetto spiacevole o doloroso di certi eventi. Tipici esempi sono: «È una cosa tremenda sbagliare», «È orribile essere criticati».

3.Intolleranza, insopportabilità. Si tratta di pensieri che denotano una bassa tolleranza nei confronti delle frustrazioni. Consistono nel ritenere che certi eventi (o talvolta certe persone) obiettivamente spiacevoli non possono essere sopportati, ad esempio: «Non posso sopportare tutti questi compiti», «Non posso tollerare di essere trattato male».

4.Svalutazione globale di sé o degli altri. Consiste nel ritenere che poiché non si è riusciti bene in qualcosa, allora siamo un fallimento totale. Oppure la svalutazione globale può essere rivolta agli altri, ritenendo che poiché uno o più aspetti del comportamento di una persona sono negativi, allora l’intera persona è negativa. Esempi di entrambi i tipi di svalutazione globale potrebbero essere: «Sono così stupido e incapace», «Sono proprio un perdente», «Quel mio compagno è una vera carogna».

5. Indispensabilità, bisogni assoluti. È un modo di pensare che ci porta erroneamente a considerare indispensabile ciò che in realtà è solo desiderabile, auspicabile, utile, ma di cui possiamo anche fare a meno, pur con qualche inconveniente. Con questa forma di pensiero trasformiamo certi eventi, certe persone o certi oggetti in qualcosa di essenziale per la nostra felicità. È come se dicessimo «Posso essere felice solo se avrò questo», ma così facendo ci costruiamo la nostra stessa infelicità. In molti casi ciò che consideriamo indispensabile sono l’approvazione, la stima, l’affetto, l’amicizia.

6.Generalizzare. Significa pensare in termini di «sempre», «mai», «tutti», «nessuno». Ad esempio «Mi va sempre tutto storto», «Non riesco mai a…», «Tutti se la prendono sempre con me», «Nessuno mi vuole bene». Si tratta di pensieri poco realistici in quanto è altamente improbabile che certe cose si verifichino proprio sempre o mai o che tutti, proprio tutti, agiscano in un certo modo. Si tratta piuttosto di generalizzazioni estreme che ci portano ad avere una visione disfattista della realtà. (Cfr. Mario di Pietro L’ABC delle mie emozioni 4-7, Edizioni Centro Studi Erickson)

Sicuramente più di qualcuno avrà ritrovato nelle precedenti categorie di pensiero elencate, il proprio modo di porsi nella vita, in relazione con se stessi e con gli altri ed avrà riscontrato che una simile modalità non giova al proprio benessere.

Pertanto, dopo aver identificato i propri pensieri irrazionali proviamo a contrastarli e sostituirli con altri più costruttivi.

Di seguito, facendo riferimento alla ERE (l’Educazione Relazionale Emotiva) che abbiamo scoperto nell’articolo precedente, propongo alcune domande utili attraverso ciascuno di noi può «attaccare» i propri pensieri irrazionali provando a contrastarli. Quindi prendendo in esame un pensiero che ci assilla, preoccupa e riconosciamo ci ruba eccessivamente tempo, proviamo a domandarci:

– Cosa c’è di vero in quello che penso, quali fatti potrei avere ignorato?

– C’è qualche esagerazione nel mio modo di pensare?


– Questo modo di pensare mi aiuta a stare meglio?


– Questi pensieri mi sono utili per riuscire a ottenere quello che vorrei?

– Qual è la cosa peggiore che potrebbe accadere in questa situazione?

– Quanto è probabile che si verifichi davvero? Sarebbe proprio terribile o insopportabile se ciò si verificasse?

Contrastare i pensieri irrazionali e negativi significa indebolirne la loro forza, in modo da introdurre nella nostra mente un dubbio sulla loro veridicità. Ciò ci consente di sostituirli più facilmente con altri migliori.

Ora, come ultimo passaggio, dopo aver “indebolito” il pensiero irrazionale proviamo a trasformarlo in un pensieri più facile gestire a livello emotivo, per esempio:

  • il pensiero assolutistico («devi assolutamente», «bisogna per forza») può essere sostituito con pensieri che esprimono desideri, opportunità, convenienza. Ad esempio, «Sarebbe meglio se…», «Vorrei che…», «Conviene, è meglio…»;
  • il pensiero catastrofico può essere sostituito con pensieri che ridimensionano in modo più realistico l’evento. Ad esempio, «È spiacevole, è doloroso, ma non è la fine del mondo»;
  • i pensieri che esprimono intolleranza o insopportabilità possono essere sostituiti constatando che certi eventi o certe persone «sono solo sgradevoli, fastidiosi, ma pur sempre sopportabili»;
  • la tendenza a svalutare totalmente se stessi o gli altri con aggettivi denigratori può essere superata limitandosi a esprimere giudizi solo sui comportamenti e non sulle persone, ricordandosi che gli individui sono qualcosa di molto più complesso della semplice somma dei loro comportamenti; 

  • i pensieri che esprimono indispensabilità, bisogni assoluti possono essere sostituiti con affermazioni che esprimono preferenze, come «Mi piacerebbe… ma so che non è indispensabile anche se lo desi- dero molto», «Anche se non posso ottenere questa cosa potrò avere altre gratificazioni…»;
  • i pensieri che esprimono generalizzazioni («sempre», «mai», «nessu- no») possono essere trasformati ricorrendo a termini quali «spesso», «a volte», «molti», «qualcuno». (Cfr. Mario di Pietro L’ABC delle mie emozioni 4-7, Edizioni Centro Studi Erickson).

Individuare e gestire i pensieri irrazionali dai quali poi scaturiscono forti emozioni difficili da contenere e talvolta estremamente negative è un primo passo verso la ricerca di un benessere perduto, tuttavia non basta, quando si vivono stati di malessere che ci fanno perdere la strada giusta è necessario chiedere un aiuto esterno e professionale, in questo caso la psicoterapia potrà aiutarvi a ritrovare la via giusta fornendo indicazioni e sostegno lungo il cammino.

Buon cammino a chi desidera mettersi in cerca del proprio benessere.

dott.ssa Antonella Petrella, psicologa – psicoterapeuta

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