Presentato il Pan, ma senza dialogo tra agricoltura biologica e tradizionale

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Il PAN è il Piano d’Azione Nazionale, adottato in Italia con decreto interministeriale 22 gennaio 2014, contenente le linee guida per ottenere una produzione agricola sostenibile da un punto di vista ambientale e del rispetto delle persone. Si tratta, infatti, del piano attuativo della direttiva 2009/128/CE, inserita nel decreto legislativo n. 150 del 14 agosto 2012, che ha istituito un “quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi. Nulla di nuovo, se ne parla da anni. Ma tale decreto – per essere reso attuale rispetto alle nuove conoscenze – deve essere rivisto ogni 5 anni. E così il 4 ottobre 2019, dopo un anno di lavori, è stata presentata urbi et orbi (in presenza, dunque, di chiunque lo desiderasse) la proposta di modifica. Chiunque poteva intervenire ed esporre le proprie osservazioni. C’era anche Compag, la federazione nazionale delle rivendite agrarie, pronta ad ascoltare le proposte di modifica e a valutarne i contenuti, per eventualmente presentare proposte alternative in un secondo momento presso i ministeri preposti. Ma il pubblico non era disposto ad ascoltare. Il mondo ambientalista c’era tutto, e si è riversato in massa nella sala conferenze monopolizzando l’attenzione con un’azione di mero lobbismo auto-acritico, uni-direzionato e auto-referenziato al solo scopo di difendere i propri interessi di parte.
Ingenuamente si potrebbe pensare che coloro che si mettono a spada tratta a difesa dell’ambiente abbiano comunque ragione, perché mossi da motivazioni a vantaggio dell’intera comunità. Ma ciò è vero solo nella misura in cui non abbiano un effettivo interesse di parte e analizzino la situazione in tutte le sue sfaccettature: vantaggi e svantaggi, modalità, efficacia e conseguenze delle proposte “alternative” alla cosiddetta “produzione convenzionale”. È curioso che proprio quei movimenti che condannano l’azione lobbista dei grandi capitali si comportino in maniera del tutto analoga, agendo in maniera poco chiara sul sentimento e la pancia del pubblico: ambiente, salubrità, salute sono parole che si prestano a facili manipolazioni. Sono state sollevate lamentele e richieste, ma nulla che avesse a che fare con una proposta articolata, di visione, in grado di incidere effettivamente sui processi produttivi nel rispetto dello sviluppo conseguito e direzionato a un maggiore equilibrio ambientale. I punti fermi della discussione ambientalista sono stati:
Riduzione a priori dei mezzi di produzione, in particolare dei fitosanitari
Richiesta di sovvenzioni pubbliche a vantaggio della produzione biologica
Divieti e limitazioni per contenere l’attività produttiva
Compag, testimone silente e perplesso, non ha assistito a un’analisi strutturata a sostegno della coltivazione biologica. Si chiede quindi, oggi più di sempre, come si possa pensare a una soluzione alternativa alla “produzione convenzionale” senza una visione autocritica che tenga conto anche dei punti di debolezza della propria posizione, che analizzi le contraddizioni della produzione biologica e la limitatezza di un sistema legislativo che non riesce a definire e a risolvere tutte le ambiguità delle produzioni cosiddette “sostenibili”. Ridurre l’impiego dei fitosanitari (ma perché dei soli fitosanitari? Non è giusto fare differenze con gli altri mezzi di produzione…) comporterebbe una contrazione della produttività, con il conseguente fallimento di numerose aziende agricole nazionali e l’aumento di prodotti importati da Paesi con sistemi legislativi e di controllo più laschi. Il biologico è un’ottima operazione di marketing nella misura in cui è in grado di garantire all’azienda agricola una maggiore marginalità, ma secondo i dati dell’ultimo censimento, la superficie bio è di poco superiore al 4% del totale, e di questo più del 60% è occupato da prati, pascoli e cereali, aree marginali in cui non si impiegano mezzi tecnici per definizione perché non ve n’è bisogno o, comunque, non è economicamente conveniente utilizzarli. Ma è anche necessario chiedersi se il bio non sia trattato. Il bio non corrisponde all’immaginario del consumatore, perché è anch’esso disciplinato da un regolamento europeo. Il bio è trattato. È trattato con prodotti chimici, biochimici, estratti naturali. Una sostanza – sia essa chimica, biochimica o naturale – è definita prodotto fitosanitario se l’azienda produttrice ha presentato richiesta di autorizzazione all’autorità preposta e questa l’ha autorizzata come tale. Se la sostanza è immessa nel mercato senza autorizzazione non risulta essere un fitosanitario, ma potrebbe esserlo di fatto. I fitosanitari sono i prodotti maggiormente testati e controllati. Nessun altro prodotto in circolazione è soggetto a sistemi restrittivi di controllo quanto i fitosanitari.
I controlli, le analisi che si fanno sul biologico, sono indirizzati a individuare la presenza di fitosanitari chimici (solo quelli non ammessi in agricoltura biologica), ma non di altri prodotti. Come si può quindi asserire senza ombra di dubbio che un prodotto biologico sia migliore di un altro? “Rincresce – ribadisce Fabio Manara, Presidente Compag – che la giornata di presentazione del PAN sia stata monopolizzata allo scopo di non parlare delle misure del PAN che, nonostante le critiche delle associazioni ambientaliste, ha di fatto una chiara impostazione ambientalista. I divieti e le imposizioni a cui è sottoposto al fine di ottenere un aumento della superficie bio non farà altro che porre nuovi ostacoli all’attività agricola, riducendo al contempo la capacità di creare quelle risorse necessarie per sviluppare le innovazioni che sono alla base dello sviluppo in un’ottica di maggiore rispetto dell’ambiente”.
L’occasione del 4 ottobre poteva servire per intavolare un dibattito atto a far emergere le contraddizioni e le inefficienze del bio proprio per migliorare, non solo il biologico, ma l’agricoltura nel suo insieme, rendendo il sistema agricolo più efficiente, più produttivo, più rispettoso dell’ambiente e delle persone. Proprio la mancanza del dibattito ha fatto comprendere a Compag come certe associazioni ambientaliste operino da meri lobbisti solo alla ricerca di un proprio interesse, spesso coincidente con la richiesta di sussidi pubblici.
www.compag.org

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