Se guardiamo i fatti e non i proclami, se guardiamo la società e non la politica, l’interrogativo non è retorico, ma la risposta è no!
La politica che fa ampio uso di propaganda per un futuro roseo, mentre la società italiana strascica i piedi, la politica si ripiega sul presente, non guarda avanti, ed è caratterizzata dal crollo demografico e dal debito pubblico, diversamente da quella degli anni ’60, non guarda volentieri avanti, non si appassiona al futuro, non ci investe, non intende versare neppure una goccia del presente per innaffiare la pianticella del futuro.Il male peggiore; inverno demografico e debito pubblico.
Il Presidente dell’ISTAT ha paragonato il nostro crollo demografico a quello registrato dalla popolazione nel 1917-1918, gli anni della Grande guerra e della febbre spagnola. L’Italia ha oggi un tasso di fecondità di 1,32 figli per donna ,è una questione europea, poiché tutti i Paesi, a partire dalla Francia, sono scesi sotto i 2 figli per donna , la Spagna sta a 1,25.
La situazione in Italia è più grave, perché noi abbiamo incominciato prima: dal 1993, si è invertito il saldo tra nati e morti e lo squilibrio si è aggravato dal 2008 ,dal 2015 la popolazione residente diminuisce, configurando per la prima volta negli ultimi 90 anni una fase di declino demografico.
Al 31 dicembre 2018 la popolazione ammonta a 60.359.546 residenti, oltre 124 mila in meno rispetto all’anno precedente (-0,2%) e oltre 400 mila in meno rispetto a quattro anni prima. I 5.255.503 cittadini stranieri iscritti in anagrafe, che costituiscono l’8,7% del totale della popolazione residente, non bastano a compensare il calo, lo hanno solo contenuto.
Lo scenario è quello di; pochi reparti di maternità e molte “ville serene”, alla base del declino demografico sta un intreccio economico-sociali e spirituali.
Le donne generano meno figli, lo crisi del 2008 ha rafforzato le incertezze delle giovani generazioni rispetto al proprio futuro, globalizzazione e crescita della potenza individuale hanno progressivamente disperso tra le giovani generazioni il senso della cittadinanza, per sostituirlo con una proiezione individualistica di sé nell’avventura del mondo.
La perdita dell’idea che non siamo padroni del mondo che dipendiamo da Altro, quale che sia il contenuto che vi si annetta, che l’avventura umana non si affronta da soli, che non è faccenda solo nostra, che esiste “un prossimo” di cui farci carico e che si fa carico di noi, il fatto che all’orizzonte si vedono solo diritti, non doveri, e che tutti credano di dover nulla a nessuno. Il prossimo si trasforma in “tribù” e in corporazione.
Se in nome del trinomio Dio-Patria-Famiglia si sono consumate tragedie e dittature, la sua dissoluzione nel nome di un individualismo radicale ne prepara altre , l’essenza filosofica di tale atteggiamento è il nichilismo, nel quale i contorni dell’Io e dell’Altro, del Sé e della Storia svaniscono nella volontà di potenza individuale, non la Realtà totale, ma il Sé diventa misura di tutte le cose, la politica si adegua: vezzeggia gli anziani e “dimentica” i giovani.
Chi è portatore sano di materialismo storico sa che gli intrecci tra coscienza individuale, condizioni storico-materiali e politico-istituzionali sono troppo complicati, perché si possa tracciare una linea causale così dritta.
Se il numero e il peso socio-culturale dei giovani diminuisce e aumenta quello degli anziani, la politica democratica fondata sul consenso tende ad aumentare le risorse a favore della componente più rilevante elettoralmente della popolazione, per mantenere gli standard di Welfare: sanità, pensioni, assistenza.
Si innesca così un potente circolo vizioso: le politiche di bilancio a favore della parte più anziana della popolazione e il conseguente scarso sostegno ai giovani che vogliano mettere su famiglia accelerano il declino demografico. Quota 100 garantisce una rendita elettorale ma sottrae risorse ai giovani che vogliano fare figli e fornisce ragioni a chi rinvia paternità/maternità fino a renderla impraticabile.
Per ottenere consenso e conquista del governo, si pone mano alla spesa pubblica, i cui buchi toccherà alle giovani generazioni riempire.
Debito pubblico, calo demografico, politica piegata sul presente stanno portando il Paese al suicidio, come Nazione un tragico democratico suicidio auto-assistito.
Da una parte l’elettorato premia una politica arruffona, china sul consenso immediato, ha scelto il declino, non vuole guardare avanti, dall’altra c’è una parte di Italiani che guarda fuori, verso il mondo, verso il futuro e sta cercando faticosamente degli appigli per sfuggire alle sabbie mobili del declino. Tra questi molti nostri ragazzi che scappano da un Paese in declino.
Una buona politica da sola, non è in grado di rovesciare lo spirito del tempo, che spira su scala mondiale, il tramonto dell’Occidente coincide con il tramonto del mondo e la fine della storia.CI sarà chi farà la battaglia per la verità sul Paese, per squarciare notti e nebbie?
Alfredo Magnifico