Pietro Colagiovanni*
Apriamo da questa settimana la finestra sul mondo del vino nell’ambito del progetto Terminus Vino e Territorio. L’obiettivo è quello di rendere disponibile ad un pubblico più vasto conoscenze del mondo enologico e facilitare una scelta consapevole di questo prodotto così prezioso e ricco di storia e di cultura. La prima linea che seguirò, in uno spazio aperto all’intervento di tutti i lettori, è quella della semplicità. Il mondo del vino spesso viene visto come un settore in cui una elite, quasi sacerdotale, dispone di conoscenze esoteriche che mette a disposizione del volgo non acculturato.
Non è così e non deve essere così e questo motiva lo sforzo di Terminus. Le conoscenze di base per un consumo consapevole, piacevole ed a prezzi ragionevoli sono accessibili a tutti, purchè correttamente declinate e spiegate. Alla fine si tratta di un alimento, non di una pozione magica e quindi troppe complicazioni e troppi fronzoli sono inutili. La seconda linea guida alla quale mi atterrò sarà quella dell’accessibilità. I vini di cui vi parlerò non saranno mai quelli che hanno fatto la fortuna di questo prodotto perchè inarrivabili, specie per quanto riguarda il prezzo.
Qui non troverete nomi come Petrus, Chateaux Latour, Sassicaia, Masseto, Quintarelli, cioè vini di grandissima eccellenza ma il cui costo è di centinaia o migliaia di euro. Qui troverete vini accessibili a chiunque e valorizzerò il più possibile rapporto qualità prezzo, molto trascurato dagli specialisti in favore della pura eccellenza sganciata dal costo. Inoltre proporrò vini che si possono acquistare online o in un’enoteca con una certa facilità.
Infine come terza e ultima linea guida cercherò sempre vini che siano espressioni di una storia, di una cultura, di un territorio. Vini che, al di là della bontà del sorso, siano capaci di esprimere suggestioni, evocare tradizioni risalenti nel tempo, parlarci di un territorio e di una comunità. Oggi, grazie alle tecniche di vinificazione sempre più tecnologiche molti prodotti sono sicuramente di buona qualità ma sono fabbricati in serie, con sapori standard, profumi standard, colori standard. Del mondo da cui provengono non ci dicono nulla, perchè non si bene neanche da dove vengono. Mi concentrerò su altro, su vini che oltre alla piacevolezza del bere suggeriscono storie, cultura, emozioni. Su vini che sanno parlare di un territorio e delle donne e degli uomini capaci di realizzare un prodotto che, lo ricordo, è solo ed esclusivamente frutto dell’arte e dell’ingegno dell’essere umano.
Il territorio: siamo in Liguria, nell’estrema parte occidentale della Regione, nella zona di Ponente. La provincia è quella di Imperia e la Doc prende il nome da uno dei comuni in cui si produce il Rossese, Dolceacqua borgo medievale di 2000 abitanti. Il vino che esaminiamo oggi è prodotto nel comune di Soldano, comune di 1000 abitanti situato nell’alta Val Crosia. Soldano è anch’esso un suggestivoborgo medievale. Soldano si dice sia stato fondato dagli abitanti della vicina Ventimiglia che, per sfuggire alle scorrerie dei Saraceni intorno all’anno 1000 si rifugiarono nell’entroterra. L’azienda produttrice ha i propri vigneti sulla collina a 300 metri sul livello del mare. Si tratta della cosiddetta vinificazione eroica perchè non meccanizzabile. La raccolta viene fatta a mano in vigneti terrazzati in una cornice naturale di grande suggestione e fascino. La cantina della famiglia Anfosso è quella di un piccolo produttore artigianale, 20.00 bottiglie l’anno molto attento al territorio e all’ambiente.
Il vitigno: il vino è prodotto al 100% ossia, come si suol dire, in purezza con l’uva Rossese. Il Rossese è un vitigno a bacca rossa autoctono della Liguria, come altri presenti prevalentemente nella riviera di Ponente (il Pigato, una a bacca bianca è un altro importante vitigno ligure). Le sue origini sono legate,a quanto pare, all’importazione da parte della famiglia Doria che governava queste terre di questa vite dalla vicina Francia. Il nome deriva dal colore rossiccio dell’uva. Dà vini dai gradevoli sentori di frutta di bosco con tannini non eccessivamente aggressivi
Il vino: il Beragna Ka Manciné è un rosso giovane del 2018. Il suo colore è rubino, di un rosso accesso, quasi brillante, davvero molto bello. I profumi non sono estramente complessi, si sente soprattutto l’aroma dei frutti di bosco e nel sottofondo una lieve nota minerale che ricorda la zona di produzione, una collina, il vento, un torrente sullo sfondo. Il vino fa 6 mesi in acciaio, non fa invecchiamento in legno ma non ne ha bisogno. Al sorso è un vino molto piacevole che si può consumare anche con una temperatura leggermente più bassa, intorno ai 12 gradi per intenderci. Ha una buona acidità, è piacevole, è equilibrato e non molto alcolico. Un vino versatile, perfetto in abbinamento con primi piatti non eccessivamente strutturati, sia di terra che di mare. Un prodotto ben riuscito che trasmette anche una sua personalità frutto del territorio da cui proviene.
Valutazione: 88/100
Prezzo medio: 15 euro
Rapporto qualità/prezzo: favorevole
* fondatore del gruppo Terminus, comunicatore, sommellier Ais
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