Salute e sicurezza nel lavoro del futuro tra innovazione, robotica e cambiamenti demografici

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La globalizzazione, i cambiamenti climatici e demografici, l’aumento dell’automazione e il progresso tecnologico, dall’intelligenza artificiale alla robotica, stanno trasformando rapidamente la tipologia e le modalità di svolgimento del lavoro. Per affrontare questi processi nella loro complessità e superare le criticità esistenti è fondamentale il confronto tra istituzioni e comunità scientifica, da cui possono emergere strategie e politiche condivise per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. È questa la premessa che ha spinto l’Inail e la Commissione internazionale per la salute sul lavoro (Icoh) a promuovere la conferenza internazionale “Future of work. Challenges and opportunities for occupational health and safety”, ospitata ieri mattina presso la Sala della Protomoteca del Campidoglio, con il patrocinio del Comune di Roma.
 
Bettoni: “Servono politiche mirate e strumenti nuovi per la gestione dei rischi nuovi ed emergenti”. Come sottolineato dal presidente dell’Inail, Franco Bettoni, nell’intervento che ha dato il via alla conferenza, di fronte al cambiamento delle modalità di svolgimento delle attività e alle trasformazioni del mercato del lavoro che derivano dall’innovazione tecnologica e dai cambiamenti demografici, connessi sia all’invecchiamento della popolazione attiva sia ai fenomeni migratori, le istituzioni nazionali ed europee devono “definire politiche mirate di prevenzione, sviluppare strumenti per la conoscenza e la gestione dei rischi nuovi ed emergenti, proporre soluzioni per la riabilitazione e il reinserimento lavorativo”. In questo scenario, in particolare, “si pone forte l’esigenza di promuovere una formazione specifica e continua dei lavoratori e, nello stesso tempo, di garantire controlli efficaci e misure di sicurezza adeguate, in quanto lo stesso uso della tecnologia può potenziare i rischi ai quali sono esposti i lavoratori”.
 
“L’Istituto impegnato per creare sinergie tra ricerca e mondo produttivo”. “L’Inail – ha aggiunto Bettoni – oggi più che mai è chiamato a impegnarsi su questi temi. La nuova mission dell’Istituto, infatti, spazia dalla ricerca alla prevenzione, dall’assicurazione alla cura, alla riabilitazione e al reinserimento sociale e lavorativo. E proprio in questa nuova veste di polo unico della salute e sicurezza, l’Inail sta lavorando per creare una forte sinergia tra ricerca, trasferimento tecnologico e trasferimento di conoscenze, anche attraverso la costruzione di una rete di eccellenza che unisce ricerca, università italiane ed estere e mondo produttivo, per proporre al mondo del lavoro soluzioni concrete per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori”.
 
Catalfo: “Le tutele devono essere slegate dal concetto tradizionale di luogo di lavoro e tipologia contrattuale”. Uno degli aspetti più attuali e discussi, che pone una serie di questioni da affrontare, è quello legato al lavoro sulle piattaforme digitali, che si è notevolmente diffuso anche nel nostro Paese. Secondo una recente indagine dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp), infatti, i “gig workers” in Italia sono oltre 210mila. Come ha detto la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Nunzia Catalfo, nel corso della sessione di apertura, moderata dal direttore centrale Ricerca dell’Inail, Edoardo Gambacciani, “la sfida è quella di elaborare nuove strategie regolative, capaci di offrire a questi lavoratori tutele effettive sul piano economico, previdenziale e di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, slegate dal concetto tradizionale di luogo di lavoro e da una determinata tipologia contrattuale”.
 
“Con la norma sui ‘rider’ passo avanti epocale”. “In quest’ottica – ha precisato Catalfo – una novità importante è rappresentata dalla norma che a partire dall’inizio di questo mese ha esteso la tutela assicurativa Inail ai cosiddetti ‘rider’, i lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore, attraverso piattaforme anche digitali, che ora hanno diritto alle stesse prestazioni economiche, protesiche, riabilitative e sanitarie integrative erogate dall’Istituto ai propri assistiti”. Per la ministra, “è un passo in avanti epocale, perché per la prima volta si è intervenuti dal punto di vista normativo sui lavoratori della gig economy. L’Italia è uno dei primi Paesi europei ad avere previsto questo tipo di tutela e le recenti sentenze della Cassazione confermano che la direzione legislativa che abbiamo preso è quella giusta”.
 
“Presto al via una campagna di sensibilizzazione sulla prevenzione”. “Questo provvedimento, però, è solo l’inizio – ha spiegato Catalfo – C’è bisogno di nuovi dati, di ricerca e di collaborazione per la comprensione di ambiti vasti, che coprono trasversalmente molti settori dei trasporti, del lavoro domestico e del commercio, per mappare e portare alla luce le caratteristiche di questo fenomeno complesso”. Nel frattempo sono oltre 200 le proposte giunte al Ministero del Lavoro in risposta alla consultazione pubblica online per l’aggiornamento del Testo unico sulla sicurezza del 2008, aperta ufficialmente lo scorso 19 dicembre, in concomitanza con la presentazione dell’ultimo bando Isi, con cui l’Inail ha messo a disposizione delle imprese che investono in prevenzione più di 250 milioni di euro a fondo perduto. “Dalla prossima settimana – ha aggiunto la ministra – inizieremo una campagna di sensibilizzazione per diffondere nel Paese la consapevolezza di quanto sia importante investire nella sicurezza nei luoghi di lavoro”.
 
Olsson: “Siamo di fronte a una situazione senza precedenti”. Come sottolineato da Stefan Olsson, direttore per l’Occupazione della direzione generale per l’Occupazione, gli Affari sociali e l’Inclusione della Commissione europea, la conferenza organizzata da Inail e Icoh ha segnato l’avvio di una consultazione a livello continentale che proseguirà fino a novembre, per delineare i contenuti della strategia europea sui cambiamenti ambientali, digitali e demografici. “Siamo di fronte a una situazione senza precedenti in termini di trasformazione – ha detto Olsson – che richiede un impegno comune tra ricercatori, politici e istituzioni per affrontare le sfide in materia di sicurezza e protezione sociale. Ricerche e azioni devono focalizzarsi sui nuovi rischi e sulle nuove competenze necessarie per affrontarli”. Sullo stesso punto si è soffermato anche il vicepresidente vicario della Società italiana di medicina del lavoro (Siml), Maurizio Coggiola, che ha sottolineato la necessità di individuare “una nuova strategia per affrontare la valutazione e la gestione dei rischi legati alle patologie emergenti, come la dipendenza da Internet e il tecnostress”.  
 
Schulte: “La quarta rivoluzione industriale cambierà profondamente il modo in cui viviamo e lavoriamo”. Nella prima delle quattro relazioni magistrali in programma – moderate da Ester Rotoli, direttore centrale Prevenzione dell’Inail, e Minha Rajput-Ray, dirigente medico del St John’s Innovation Centre di Cambridge – Paul Schulte, direttore della divisione di Integrazione scientifica del Niosh, National Institute for Occupational Safety and Health degli Stati Uniti, ha presentato un’analisi prospettica dei rischi per la salute e la sicurezza occupazionale, insistendo sull’importanza di non trascurare nessuno dei risvolti legati ai cambiamenti demografici, al progresso tecnologico e alla globalizzazione dei mercati. “I cambiamenti nei luoghi di lavoro – ha spiegato – portano con sé nuovi pericoli, mentre dobbiamo ancora fare i conti con quelli tradizionali. Nel lavoro del futuro, in particolare, sono destinati ad aumentare i rischi psicologici, che riguardano lo stress e la salute mentale. La quarta rivoluzione industriale è destinata a modificare profondamente il modo in cui viviamo, lavoriamo e ci relazioniamo gli uni con gli altri ed è accompagnata da previsioni che spesso si rivelano esagerate”.
 
L’impatto dell’automazione sui livelli occupazionali. Una delle preoccupazioni maggiori è legata alla perdita di posti di lavoro provocata dalla crescita esponenziale della tecnologia. L’impatto reale di questo cambiamento, però, è ancora poco chiaro. Le stime della percentuale di lavori a rischio a causa dell’aumento dell’automazione nei processi produttivi, infatti, negli Stati Uniti sono comprese tra il 7% e il 47%, in Giappone tra il 6% e il 55%, in Ucraina tra il 5% e il 40% e in Bolivia tra il 2% e il 41%. “I lavori che stanno diminuendo – ha precisato Schulte a questo proposito – sono quelli, sia cognitivi che non cognitivi, che seguono delle routine. La tecnologia ne può creare di nuovi, che però richiederanno competenze più elevate”.
 
Dario: “Intelligenza artificiale e robot offrono anche molte opportunità”. Il tema è stato affrontato anche da Paolo Dario, professore alla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e “padre” della biorobotica, secondo il quale “la diffusione dell’intelligenza artificiale e dei robot comporta dei rischi, non tutti reali, ma offre anche molte opportunità. In genere, come tutti i ricercatori sono un ottimista, ma prevedere il futuro non è facile perché alcune innovazioni sono dirompenti e creano fenomeni imprevedibili, come nel caso di Internet o dell’iPhone”. Dopo aver sottolineato come l’Europa e l’Italia siano “leader nella progettazione e produzione dei robot, che sono già molto utilizzati nel settore manifatturiero e nella logistica”, Dario ha ricordato il ruolo importante svolto dall’Inail per lo sviluppo delle protesi bioniche, attraverso il lavoro iniziato negli anni Sessanta da Johannes Schmidl nell’officina ortopedica del Centro Protesi di Vigorso di Budrio.     
 
Fisher: “Con il crowdwork più insicurezza e meno tutele”. Frida Marina Fischer, docente di igiene ambientale dell’Università di San Paolo del Brasile, nella sua relazione sull’impatto per la salute dei lavoratori in quella che viene definita la “società delle 24 ore”, caratterizzata da una grande flessibilità degli orari, che copre l’intero arco del giorno e della notte, e da una dematerializzazione dei luoghi di lavoro, sempre meno legati a uno spazio fisico, ha messo in guardia rispetto alle caratteristiche della nuova occupazione creata grazie allo sviluppo e all’utilizzo delle tecnologie. “Il futuro – ha spiegato – potrebbe non essere radioso per tutti”. Nel caso del crowdwork, il lavoro a chiamata di nuova generazione disponibile sulle piattaforme online tutti i giorni, a tutte le ore, c’è per esempio il rischio reale di “un’erosione dei livelli di sicurezza e tutele riservati ai lavoratori tradizionali”. È stato stimato che “in media questa nuova tipologia di lavoratore guadagna tre dollari all’ora – ha precisato Fisher – ma i compensi sono ancora più bassi sulle piattaforme che richiedono poche qualifiche ai propri collaboratori”.
 
Iavicoli: “Il gender gap in diminuzione nei Paesi ricchi ma aumenta nelle economie emergenti”. Nell’intervento dedicato ai cambiamenti demografici, Sergio Iavicoli, direttore del Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) dell’Inail, ha analizzato il fenomeno nelle diverse dimensioni delle differenze di genere, delle migrazioni, dei giovani e dell’invecchiamento della popolazione. “Le differenze di genere – ha spiegato Iavicoli – a livello globale si traducono in una partecipazione delle donne al mercato del lavoro più bassa di oltre un quarto rispetto a quella degli uomini. Il gap sta diminuendo nei Paesi più ricchi, ma continua ad allargarsi nelle economie emergenti”. Ridurlo in misura significativa avrebbe un impatto enorme sul prodotto interno lordo globale. I lavoratori migranti, secondo le stime dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), sono complessivamente 164 milioni. “Stati Uniti, Australia e Canada attraggono talenti creativi, con alti tassi di immigrazione – ha osservato a questo proposito il direttore del Dimeila – mentre in Europa il saldo è negativo”. Per quanto riguarda i giovani, invece, a livello mondiale i disoccupati sono 64 milioni e 145 milioni quelli che vivono in condizione di povertà, nonostante abbiano un impiego. In Italia, in particolare, il tasso di disoccupazione giovanile nel 2019 è stato pari al 28,9%.
 
Più infortuni mortali nella fascia di età tra i 55 e i 64 anni. Concentrando l’attenzione sull’invecchiamento, Iavicoli ha citato le proiezioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che per la maggioranza dei Paesi europei prevedono entro il 2050 un aumento compreso tra il 5% e il 10% della fascia di popolazione con più di 60 anni. Lavorare più a lungo, inoltre, aumenta il periodo di esposizione al rischio e l’incidenza infortunistica tra i lavoratori più anziani. Come emerge dalle statistiche Inail sugli infortuni mortali, se nel 2008 la fascia di età più colpita era quella compresa tra i 45 e i 54 anni, un decennio dopo il primato negativo è passato alla fascia tra i 55 e i 64 anni. Altri rischi per questa categoria di lavoratori “sono l’obsolescenza delle competenze e le discriminazioni”, da cui deriva la necessità di “un approccio integrato all’age management e alla formazione continua nei luoghi di lavoro”.      
 
La tavola rotonda su ricerca e politiche per il lavoro. I contenuti emersi nella prima parte della conferenza, sono stati ulteriormente approfonditi nella tavola rotonda successiva, moderata dal presidente dell’Icoh, Jukka Takala. Christa Sedlatschek, direttrice dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (Eu-Osha), ha sottolineato la necessità di passare “dalla ricerca a politiche orientate all’azione”, che l’Agenzia di Bilbao in questi anni ha tradotto in pratica attraverso la promozione di campagne di sensibilizzazione europee. Dopo quella del biennio 2018-2019, dedicata alla prevenzione dei rischi derivanti dalla presenza di sostanze pericolose nei luoghi di lavoro, il focus della campagna 2020-2022 saranno i disturbi muscolo-scheletrici, che nel nostro continente continuano a essere il problema di salute lavoro-correlato più ricorrente. Giorgio Metta, direttore scientifico dell’Istituto italiano di tecnologia di Genova, ha ricordato invece alcuni dei risultati ottenuti negli ambiti della ricerca teorica e applicata dall’IIT, anche grazie alla collaborazione avviata con l’Inail negli ultimi anni, “per sviluppare dispositivi innovativi destinati alla riabilitazione degli infortunati ma anche alla prevenzione degli incidenti”.
 
Tra i temi affrontati l’approccio partecipativo alla regolamentazione e la vigilanza. Franklin Muchiri, intervenuto in rappresentanza dell’Ilo, ha insistito sull’importanza di “promuovere un approccio partecipativo alla regolamentazione, per fare in modo che pubblico e privato lavorino insieme per l’obiettivo comune della sicurezza, anche attraverso il coinvolgimento dei lavoratori e della società civile”, mentre per Stefano Boy, ricercatore dello European Trade Union Institute (Etui), una delle priorità è rappresentata dall’applicazione delle regole esistenti nei luoghi di lavoro: “Serve la volontà politica di farle rispettare – ha spiegato – ma la realtà è che il numero degli ispettori del lavoro è in calo in tutti i Paesi europei”.   
 
Lucibello: “Una rete di collaborazioni per orientare le attività di prevenzione e reinserimento”. Nell’intervento conclusivo, il direttore generale dell’Inail, Giuseppe Lucibello, ha spiegato che “questa conferenza deve essere uno stimolo per proseguire con il metodo di coordinamento delle istituzioni e di interrelazione delle discipline, che è l’unico metodo che possiamo considerare vincente. È quello che il nostro Istituto sta tentando di fare in ambito nazionale, dove ha contribuito alla nascita di una rete di eccellenze attraverso la collaborazione con 240 partner, per fare in modo che la ricerca orienti le attività di prevenzione e di reinserimento”.
 
“Ci possono essere pluralità di lavori ma le tutele devono essere omogenee”. “Anni fa sarebbe stato impensabile che un ente assicuratore come l’Inail potesse entrare nei ‘competence center’, che rappresentano il punto terminale dell’intervento italiano sull’industria 4.0 – ha proseguito Lucibello – Ci siamo entrati perché dobbiamo incentivare l’adozione nei processi produttivi dell’approccio della ‘prevention through design’, la prevenzione a partire dalla progettazione, dobbiamo favorire il trasferimento tecnologico e dobbiamo aiutare le imprese nell’aggiornamento dell’organizzazione del lavoro e dei macchinari, anche attraverso un sostegno economico di grande rilievo, che a partire dal 2010 ha raggiunto i due miliardi e mezzo di euro. In questo scenario i governi nazionali e sovranazionali devono interrogarsi sulla necessità di compensare una regolamentazione che, ad oggi, non è pronta per fare proprio il principio che, anche se ci possono essere pluralità di lavori, ci deve essere sempre omogeneità di tutele”.