La paura del contagio, al di là dei decreti che vanno di quindici giorni in quindici giorni, chissà per quanto ci accompagnerà, nessuno oggi si azzarda a fare previsioni sulla vita che ci aspetta, una cosa appare certa, sarà dura per tutti, per le donne di più.Nelle crisi le fasce deboli soffrono di più e le donne sono particolarmente fragili nel mercato del lavoro.
In Italia meno di una donna su due lavora (il 48,9 %), un terzo ha impieghi part-time (contro l’8,7% degli uomini), il 13,7% ha contratti a tempo determinato, chi lavora guadagna in media il 10% in meno. In tutto il mondo il 60% delle donne lavora nell’economia sommersa guadagnando di meno, risparmiando di meno e affrontando un rischio maggiore di cadere nella povertà. Quella odierna è una crisi diversa e più profonda di quella del 2008, Nei settori che più avevano risentito della recessione, finanza e industria, le donne erano meno presenti e in quell’occasione l’occupazione femminile non era stata colpita più di quella maschile, aveva rallentato ma senza precipitare, in questa crisi le donne sono più esposte e rischiano tanto: il turismo, il commercio, la comunicazione, ad alta presenza femminile, avranno un duro contraccolpo e non ripartiranno subito.
In Italia si stava ancora cercando di capire come lanciare l’occupazione femminile e recuperare, adesso sarà ancora più difficile colmare le differenze, nel breve periodo le donne rischiano di pagare molto: i contratti part-time o a tempo determinato in queste congiunture sono i primi a saltare, passi indietro non se ne possono fare, una contrazione dell’occupazione femminile non ce la possiamo permettere e dunque si dovrà intervenire per proteggerla. Le mamme lavoratrice, tante volte, sono state punite da un modello che premia le ore passate alla scrivania, non potendo sostenere quei ritmi. Un modello diverso che valorizzi i risultati rispetto alla presenza fisica può aiutare le donne a conciliare meglio la vita lavorativa e quella familiare, ma non solo loro, può consentire anche agli uomini di trovare altri equilibri ed essere più presenti e collaborativi in famiglia.
Lo smart working, se implementato, può portare a un migliore bilanciamento tra vita professionale e familiare, non solo per le donne ma anche per gli uomini. Il lavoro, per adesso e per chi può, è dentro casa, sperando che resista, precarie, part-time, con contratti ballerini o a tempo determinato in percentuale decisamente maggiore degli uomini, le lavoratrici rischiano di pagare di più. L’impulso di energie e di risorse arriva dalle donne, sembrano più resistenti al coronavirus, quindi non è da escludere che tornino prima in campo, per la ripartenza occorreranno capacità di relazioni, sociali, lavorative e di cura familiare, le donne sono allenate a questo.
Speriamo non accada, come nel dopoguerra: allora i ruoli conquistati dalle donne furono poi perduti. Senza dubbio adesso sarà necessario pensare a forme di incentivazione che sostengano e favoriscano il rientro delle donne al lavoro. Una cosa è certa: da questa crisi se ne esce insieme, non è pensabile che una metà sia tagliata fuori. Sarebbe un danno per le donne e per il paese.
Alfredo Magnifico