Lunedì 24 agosto il Ministero della Salute di Gaza ha annunciato quattro nuovi casi di COVID-19 in un campo profughi densamente popolato. Sono i primi che si sono verificati al di fuori dei centri di quarantena, sollevando i timori di un drammatico aumento dei casi nella sovraffollata striscia di Gaza lunga 25 miglia, stipata di due milioni di persone, e completamente isolata dal blocco. Le autorità de facto a Gaza hanno dichiarato lo stato di emergenza e imposto un lockdown di 48 ore. Il governo israeliano ha bloccato l’ingresso del carburante necessario per il funzionamento dell’unica centrale elettrica di Gaza, minacciando servizi essenziali come ospedali, trattamento delle acque e sistemi di gestione delle acque reflue mentre l’enclave deve affrontare nuove misure di chiusura a seguito di un picco di casi di COVID -19.
Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e garantire loro un futuro, avverte che le interruzioni di corrente renderanno vani gli sforzi per rallentare la diffusione del COVID-19 e metteranno a rischio immediato la vita di una popolazione già vulnerabile visto che gli ospedali e i sistemi di depurazione dell’acqua faticano a rimanere operativi. Gli ospedali stanno esaurendo rapidamente le loro riserve di carburante di emergenza che ora dovranno destinare ad arginare la minaccia del COVID-19, rimane, quindi, poca scelta se non rimandare gli interventi chirurgici, dimettere i pazienti prematuramente e fermare i trattamenti salvavita come la dialisi. Il ministero della Salute di Gaza ha avvertito che le vite dei bambini nelle incubatrici e nelle unità di assistenza neonatale sono a rischio immediato.
Altre infrastrutture essenziali come il trattamento delle acque e le strutture fognarie cesseranno di funzionare senza carburante, riducendo l’accesso all’acqua pulita e rendendo difficile per le famiglie lavarsi le mani, un passo cruciale per arrestare la diffusione del coronavirus. Questo, e la limitata capacità medica, minacciano di creare le condizioni perfette affinché il COVID-19 si diffonda a macchia d’olio. Con le temperature estive che stanno aumentando costantemente ben oltre i 30 gradi, la mancata fornitura di elettricità impedirà alle famiglie l’utilizzo di ventilatori e di aria condizionata.
“A Gaza abbiamo la crisi dell’elettricità e ora dobbiamo chiuderci a casa a causa del coronavirus. Sarà estremamente difficile vivere in isolamento all’interno delle case senza elettricità. Questo è molto brutto. Non posso andare a giocare con i miei amici e non posso nemmeno guardare la TV per passare il tempo” ha detto Majd *, dieci anni.
L’unica centrale elettrica è ora completamente senza carburante[1] e le famiglie possono fare affidamento solamente sul limitato carburante di riserva, utile per sole tre ore di elettricità al giorno. Questo è avvenuto dopo settimane di accresciute tensioni con palloni incendiari e razzi lanciati da Gaza, seguiti da attacchi aerei e fuoco di artiglieria da parte dell’esercito israeliano. Secondo quanto riferito, una bambina di 3 anni e uno di 11 anni sono stati feriti dagli attacchi aerei il 15 agosto.
“Gaza sta già combattendo la diffusione del COVID-19 ma ogni giorno in cui viene negato l’approvvigionamento di carburante, avvicina una catastrofe umanitaria. Non ci si può aspettare che ovunque si possa far fronte a una pandemia senza carburante per gestire ospedali, ambulanze o servizi che forniscono acqua pulita, figuriamoci in un luogo come Gaza dove le famiglie stavano già lottando per ottenere cure per i loro bambini e affrontando attacchi aerei in corso. Chiediamo ai gruppi armati di Gaza di smettere di inviare palloni incendiari e di lanciare razzi e chiediamo a Israele di rinnovare urgentemente le forniture di carburante per consentire a Gaza di rispondere alla crescente minaccia del COVID-19. Il blocco è illegale secondo il diritto internazionale e la decisione di interrompere la fornitura di carburante alla popolazione equivale a una punizione collettiva contro la legge. Israele rimane la potenza occupante di Gaza e, in quanto principale portatore di doveri, conserva le responsabilità per il benessere della popolazione. Deve revocare il blocco terrestre, aereo e marittimo di Gaza in linea con i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale”, ha dichiarato Mohamad Alasmar, direttore di Save the Children per l’advocacy e la comunicazione in Medio Oriente.
Sia i bambini palestinesi che quelli israeliani sono coloro che continuano a soffrire maggiormente a causa dell’evoluzione della crisi e della violenza. Solo quando il blocco su Gaza sarà revocato la crisi umanitaria potrà essere invertita, aprendo la strada a una pace a lungo termine per tutti i bambini della regione.
Save the Children Italia Onlus