Pietro Colagiovanni *
Si tratta dell’esordio (2006) di Maria Saakyan, regista armena prematuramente scomparsa nel 2018 per un male incurabile. Formatasi cinematograficamente a Mosca, al prestigioso Istituto di Cinematografia Gerasimov, con The Lighthouse, suo primo lungometraggio ottenne vasti consensi di critica e premi e segnalazioni in numerosi festival. Il film narra del ritorno della protagonista, Lena nel suo villaggio di origine, nell’Armenia del nord durante il conflitto che oppose l’Armenia al vicino Azeirbagian (conflitto non ancora formalmente concluso, ma congelato da diversi anni).
La giovane si imbatte nella tragica realtà della guerra (che resta sempre sullo sfondo, minacciosa con i suoi simboli e soprattutto i suoi inquietanti rumori), della miseria a cui conduce, dei drammi e delle lacerazioni che comporta. Tentata dall’abbandonare la sua terra natia alla fine, nonostante tutto e tutti, decide di restare in un messaggio di speranza che squarcia la cupa esistenza quotidiana della giovane.
Il racconto di questa vicenda è giocato dalla regista su diversi piani, che si intersecano e si sovrappongono. Quello della cruda descrizione della realtà quotidiana, quello dell’evocazione intimista che passa tutto attraverso la natura, attraverso i monti, i fiumi e le vallate che circondano ed in cui è immerso il villaggio, quello dei suoni, potenti o suadenti che accompagnano la narrazione filmica. “The Lighthouse” è immerso imbevuto negli stilemi più classici e più potenti della cinematografia russa tanto che più di qualcuno ha trovato forti riferimenti all’opera di Andrej Tarkovski.
La dimensione intima, profonda, esistenziale è d’altronde predominante nel film che ha ritmi lenti e cadenzati, interrotti da brusche e potenti eruzioni di energia e, a volte, di violenza. Il film è fatto bene e recitato bene. La fotografia, con i suoi splendidi paesaggi naturali accompagna, a volte quasi mitiga, i moti vigorosi dell’anima e delle emozioni umane narrate dalla pellicola.
Maria Saakyan ha girato questa opera, già importante e per certi versi imponenti, ad appena 26 anni e risente ancora di qualche formalismo scolastico derivante dagli studi appena conclusi. Ciononostante il film è valido e interessante. Spiace solo che l’esistenza di un’artista che aveva evidentemente molto, tanto da raccontare sia stata recisa, senza pietà, ad appena 37 anni.
Voto 3,25/5
*imprenditore, comunicatore, fondatore del gruppo Terminus
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