Mio padre uno dei pochi viaggi fatti nella sua vita ,che ricordava e raccontava sempre a noi figli e ai nipoti è stato quello fatto per la guerra che lo portarono in Albania e in Grecia per poi farlo riposare dopo le campagne di guerra in uno squallido tugurio di un campo di concentramento in Germania, partì che con i tedeschi si era alleati e inconsapevolmente si ritrovò dalla parte del nemico. A riparare i danni di guerra ci pensò lo zio Sam con il piano Marshall che fece risorgere l’Italia dalle rovine e diede l’impulso propulsivo per la ripresa che sfociò in quei favolosi anni sessanta. Non è la stessa cosa, ma un anno e mezzo di pandemia stanno generando danni all’economia pari a quelli che potrebbe generare una guerra, per la ripresa occorrerebbe un nuovo piano Marshall. La fortuna è che non bisogna sgombrare le macerie e ricostruire le case ma di certo con lo sviluppo di telelavoro, la chiusura di diverse attività la crisi di altre, saranno necessarie nuove competenze per riconvertire le proprie attività e favorire la ripresa.
La ripresa arriverà, ma nulla sarà come prima, non saranno sufficienti le risorse messe a disposizione dal Recovery Fund, previste dal Next Generation Eu dell’Unione europea per risollevare il Paese. Quello che ci aspetta, una volta vinta la pandemia e messo mano al programma di ripresa, una sorta di Piano Marshall della ricostruzione, dovrebbe essere un gigantesco piano di rivoluzione industriale. Ma i protagonisti di questa ricostruzione sono pronti? Politici del calibro di quelli che affrontarono il Post guerra non ne vedo e imprenditori quali quelli che ricostruirono lavoro ed economia in un’italia in ginocchio e distrutta dalla guerra non ci sono, in una situazione post pandemica è ovvio che le aziende devono cambiare imprenditori e le teste dei loro manager. Le imprese infatti non posso attuare vera resilienza se non mettono in atto nuove ed urgenti strategie per ampliare il ventaglio di competenze e formazione e di fronte al cambiamento repentino imposto dall’emergenza sanitaria, mutano anche le priorità per il management: le competenze richieste si configurano come un mix di flessibilità e resilienza, ovvero capacità di adattarsi al contesto (64.9%), risolvere problemi imprevisti (59.4%), organizzare e riorganizzare (52.3%), resistere alla pressione esterna (50.9%).
Un’altra componente importante è la visione strategica (54.3%), di pensiero e l’approccio al team, che significa saper gestire le persone a distanza (63.5%), motivare (49.6%), favorire il team working (47.9%), comunicare anche all’interno dell’azienda (44.3%), mettere tutti in condizioni di dare il meglio (43.7%), competenze che torneranno utili anche dopo la fine della pandemia. Il vero piano Marshall saranno competenze e formazione nelle strategie di crescita di molte aziende, in particolare di quelle maggiormente colpite dalla crisi pandemica. Saranno loro la bussola per stare sul mercato». La rivoluzione riguarda tutti, il Governo non può non ripartire dalla formazione e dalla riqualificazione a tutto campo, perché solo questa, esercitata in modo continuo, nel periodo scolastico e in continuità in quello professionale, può dare al nostro Paese e alle nostre aziende gli strumenti per aumentare produttività e competitività colmando quei gap formativi che da decenni ci tengono lontani dallo sviluppo e ricollocare quei milioni di lavoratori che saranno espulsi dal mondo del lavoro causa pandemia.
Alfredo Magnifico