Il film della settimana/ “Autumn” di Ozcan Alper (Tur)

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Pietro Colagiovanni*

Autumn (2008) è il lungometraggio di esordio del regista turco Ozcan Alper e alla sua uscita fu accolto in maniera quasi trionfale dalla critica internazionale. Il protagonista è Yusuf, un giovane universitario turco che per motivi politici viene condannato e incarcerato per 10 anni in un carcere di massima sicurezza. Una volta libero torna al suo villaggio di origine, tra le montagne del nordest della Turchia dove trova l’anziana madre ad aspettarlo e ad accudirlo.

La storia si muove sostanzialmente tutta qui, tra la casa arrampicata sulle colline, la vicina città affacciata sul mare e i dintorni, luoghi immersi in una natura suggestiva e possente. L’unico evento che in qualche modo altera un difficile, forse impossibile percorso di riabilitazione spirituale di Yusuf, distrutto dalla violenza del potere, è l’incontro con una giovane e bella prostituta proveniente dalla vicina Georgia, una persona anch’essa immersa in una condizione difficile e tribolata.

Con una figlia lasciata nella nazione natia con la madre, un matrimonio fallito alle spalle Eka trova in Yusuf, e Yusuf in Eka uno spazio di liberazione da una realtà spesso orribile ed una affinità elettiva quasi immediata. Ma anche questo amore, importante e improvviso, non si completerà o meglio non riesce a completarsi nel film, che è una narrazione non del tutto lineare e classica. Intermezzato da flashback relativi alla prigione e alle proteste politiche di Yusuf il film ha un ritmo molto pacato, lento in cui le immagini di una natura intensa e maestosa, la musica, il cadenzarsi delle stagioni, gli elementi naturali fanno da contrappunto ai momenti di vita quotidiana di Yusuf.

Il risultato è un film che sterza tutto sull’intensità e la pienezza dei sentimenti, roboanti dietro un’apparente tranquillità bucolica. Un’opera che punta tutto sul lirismo, saltando a piè pari stadi di intensità emotiva meno pieni. Il risultato finale, per quanto apprezzabile e apprezzato (con questo film Alper è diventato una sorta di icona del nuovo cinema turco) sa un po’ di scolastico.

La fotografia ovviamente è bellissima e gli attori recitano bene. Ma la sensazione che, alla fine, la scelta decorativa prevalga sulla sostanza narrativa resta. Molto cerebrale in ogni sua scena, molto studiato il film perde, però, proprio in drammaticità perché diventa quasi manieristico nonostante i suoi temi forti :la politica, la repressione, le vite spezzate in una dittatura, l’amore salvifico e improvviso, la società tradizionale e ancestrale con i suoi tabù millenari.

Impressiona sicuramente e non è un cattivo film ma si compiace troppo del suo essere autoriale e, quindi, perde in potenza narrativa e drammatica.

Voto 3,25/5

*imprenditore, giornalista, fondatore e amministratore del gruppo Terminus

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