Vino, non ci sono solo i ‘super toscani’

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(da: AisLights). Una volta erano protagonisti indiscussi della scena; oggi sono considerati privi di autenticità e devono affrontare nuove sfide. I Super Tuscan hanno vissuto il loro momento di celebrità a partire dagli anni Ottanta ma già agli inizi del Duemila qualcosa sembrava essersi rotto. All’epoca percepiti come innovativi, avevano fatto della paradossalità uno dei loro punti di forza: pur di altissimo pregio, si presentavano sotto l’umile denominazione di Vino da Tavola, scardinando dall’interno il meccanismo premiale della piramide delle denominazioni. Oggi però il mercato internazionale sembra saturo di Super Tuscan, assediato da “un numero sempre crescente di vini con nomi che terminano in ‘-aia’ ” e stanco di vitigni internazionali. Uve autoctone e territori prima poco noti stanno prendendo il posto dei cabernet e dei merlot coltivati in blasonati pezzi di Toscana, perché “questi vini rossi concentrati, intensamente colorati, sembrano ormai fuori sincrono”Una perdita di prestigio coincisa anche con l’emergere dei vini naturali, così diversi, a volte imprevedibili, quando non difettosi, da far sembrare stereotipati gli azzimati Super Tuscan. A essere mutato, poi, è il gusto dei bevitori, sempre più orientato verso la leggerezza.

 Se un tempo l’imperativo era portare uve mature e concentrate per soddisfare la domanda globale di quel particolare stile di vino, oggi la sfida è mantenere l’acidità e tenere sotto controllo lo zucchero, proteggendo l’uva dalle scottature solari. Territori più freschi, come il Casentino, stanno iniziando a guadagnare l’interesse dei produttori, l’aumento delle rese nei vigneti non sembra più un tabù e negli uvaggi si fanno strada percentuali maggiori di vitigni in cui acidità e tannini sono più gestibili, come il cabernet franc, privilegiato rispetto al sauvignon, soprattutto a Bolgheri. In cantina crescono le fermentazioni spontanee e le barrique – una volta bandiera dei Super Tuscan – perdono terreno a favore dei grandi tonneaux (come accade al Tignanello dal 2013), e delle anfore. La sfida è complessa e tutta da giocare: sconvolgere una intera tipologia, stravolgendone la riconoscibilità, rischia di urtare gli ancora solidi mercati tradizionali del vino pregiato, “dove i grandi nomi sono ancora richiesti come asset di investimento.