Economia/ Riformare le regole del mercato per sostenere la crescita

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Gli oltre 200 miliardi che con il Recovery plan arriveranno dall’Europa e con investimenti, innovazioni e modernizzazioni che ne conseguono sia nel pubblico che nel privato affidiamo le nostre speranze di crescita. Molto dipenderà dalle politiche e dalle regolazioni che verranno adottate  se risulta vero per tutti i Paesi interessati, tanto più lo sarà per l’Italia, dove non si  riesce a rimuovere gli ostacoli che hanno frenato il nostro sviluppo negli ultimi decenni e dovuti ai difetti della pubblica amministrazione, alle sue inefficienze, ai suoi ritardi, alle stesse regolazioni adottate. Il principale veicolo di efficienza è la concorrenza, con conseguenza che politiche e regolazioni sagge sono quelle che la difendono e la promuovono, convinzione da sempre minoritaria in Italia,dove si  è privilegiato più le imprese consorziate che le imprese concorrenti sin dagli anni Novanta, dopo la nascita dell’autorità antitrust.In anni recenti è stata messa sulle difensive davanti agli effetti della concorrenza globale sulle nostre imprese più deboli, sui posti di lavoro, sui livelli salariali, effetti che confermano alla lunga vince chi è più competitivo.

Il pubblico può difendere la concorrenza, può promuoverla adottando misure che facilitano il confronto concorrenziale tra imprese, ma non può crearla, trasformando un monopolio naturale, o comunque reso tale dalla limitatezza delle risorse disponibili, in un mercato concorrenziale. Sono le tecnologie e le innovazioni, che, quando ci riescono, fanno questo miracolo ,però, se lo Stato ci prova quando quella condizione non c’è, rischia di creare solo inefficienze, i fini che perseguono e i disegni che intendono realizzare , ma gli effetti che produrranno sulla realtà saranno dovuti agli incentivi e ai disincentivi che i diversi operatori coinvolti vi leggeranno e ai comportamenti che terranno di conseguenza.

Davanti ai mercati nei quali operano una pluralità di concorrenti, si sente dire, non c’è bisogno di altre regole, oltre quelle che reprimono le condotte anticoncorrenziali, le regole antitrust, di nuove regole c’è sempre bisogno a tutela di interessi che sarebbero altrimenti sguarniti. Ci sono i settori nei quali una concorrenza non regolata produce effetti distruttivi, contrariamente ad un mercato iper-regolato che davanti a cicloni come Uber, subisce scossoni e si avvia a parziali riequilibri. In molti settori, per i quali la concorrenza nel mercato c’è, ulteriori regole vengono ritenute necessarie e investono i profili più diversi, dalla localizzazione degli esercizi alle tipologie merceologiche in cui questi possono operare, dagli standard igienici, sanitari e di sicurezza sino agli stessi orari,  ne derivano quantità di canalizzazioni delle attività dei privati, che a volte non ne mettono a repentaglio la concorrenzialità e l’efficienza, a volte le inceppano pesantemente.

Le rigidità merceologiche hanno senso quando servono a qualificare le strade,via degli orafi,via degli antiquari e allora è giusto evitare che in quelle vie si intervallino  minimarket e friggitorie; non hanno un senso quando impediscono a una libreria di offrire in un angolo ai clienti fette di torta e una tazza di tè. Vi sono regolazioni che fanno di tutt’erba un fascio per ragioni astrattamente ideologiche, per favorire serbatoi elettorali che si vogliono conquistare, mentre le regolazioni che servono sono quelle che danno conto delle proprie ragioni, dei bilanciamenti che intendono realizzare, degli effetti che possono derivare. Si può sbagliare anche così. Ma almeno si evita quello che è altrimenti un autentico abuso del potere di cui si dispone.

Alfredo Magnifico