Occupazione/ Rallenta la crescita del mercato del lavoro, solo saltuari e a termine

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FOTO DI REPERTORIO

La pandemia sta lasciando strascichi enormi nel mercato del lavoro,aumentano fuoriuscite e dimissioni,  aumenta la quota di chi ha difficoltà a inserirsi, troppi contratti “pirata”, condizioni e salari indecenti, è saltato il patto generazionale, lunga  e tortuosa la strada da fare per recuperare i posti di lavoro perduti, soprattutto da donne e giovani,le forme di lavoro precario, come il part-time involontario e i contratti a termine sono diffuse ed elevate e prevalgono sul lavoro fisso. Per contrastare queste forme di precarietà devono essere individuati vari tipi di incentivi alla stabilizzazione, possibilmente, più durevoli e mirati di molti incentivi disposti e sperperati inutilmente in passato. Istat a dicembre 2021 registra; un’economia in crescita del 6,5% più della media europea, con +0,6% tra ottobre e dicembre, ma l’occupazione nell’ultima parte dell’anno ha rallentato, infatti, a dicembre si contano solo mille occupati in più, con il tasso di occupazione stabile al 59%, registrando una «sostanziale stabilità» di occupati e inattivi, e una leggera diminuzione dei disoccupati.

Nell’ultimo mese dell’anno, si contano 52mila posti di lavoro in meno tra gli uomini, con un aumento degli inattivi (+33mila), la componente femminile, invece, registra 54 mila occupate in più, 40 mila disoccupate in meno e una riduzione delle inattive (-29mila), le donne occupate sono 377 mila in più in un anno (+4,1%) , il tasso di occupazione femminile tocca il 50,5%, il più alto di sempre in Italia, i motivi vanno ricercati nei cambiamenti demografici, con meno giovani e più anziani. Il calo dell’occupazione di novembre e la stabilità registrata a dicembre rallentano la crescita dell’occupazionale partita febbraio 2021, il mercato del lavoro si è rallentato, a causa  di: Omicron, caro energia e inflazione crescente ,crescono solo i contratti a termine, 59mila in più in un mese,purtroppo, calano di 7mila unità i contratti a tempo indeterminato, dovuto allo sblocco dei licenziamenti e all’aumento delle dimissioni volontarie, anche se non si può parlare ancora di Grandi dimissioni né di addio al posto fisso.

Calano i lavoratori autonomi di 51mila unità, dopo che a novembre avevano invece registrato un aumento di 66mila unità, a far muovere il mercato sono soprattutto le fasce più giovani, però con contratti a tempo determinato, tra i 15 e i 24 anni a dicembre ci sono 18 mila occupati in più, tra i 25 e i 34 anni 29mila in più, al contrario si registra segno meno per gli over 50, con 53mila unità in meno, primo posto tra chi lascia il lavoro, non perchè pensionati, bensì avviati all’uscita dal mercato del lavoro, senza ricollocamento. In un anno gli occupati crescono del 9,4% tra gli under 35, del 2,6% tra i 35 e i 49 anni, a conferma della ripresa della componente giovanile,purtroppo, tra i più anziani si osserva il calo d’occupazione, che incentiva la crescita della disoccupazione e dell’inattività.

Nel trimestre ottobre-dicembre 2021 l’occupazione è cresciuta dello 0,3%, con un aumento di 70 mila occupati, rispetto al dicembre del 2020, gli occupati sono 540 mila in più (+2,4%) per i lavoratori tra i 35 e i 49 anni il dato resta stabile per effetto della componente demografica. La crescita è trainata dai contratti a tempo determinato, che sono oltre 434 mila in più, a fronte di una crescita dei rapporti a tempo indeterminato di 157 mila unità, mentre tra gli autonomi se ne contano 50mila in meno in un anno. Rispetto a dicembre 2020, diminuiscono il numero di disoccupati in cerca di lavoro (-184mila) e l’ammontare degli inattivi (-653mila) , mentre, da gennaio 2021, il numero di occupati è cresciuto di oltre 650mila unità e il tasso di occupazione è più elevato di 2,2 punti percentuali, confrontato con il periodo pre-pandemia (febbraio 2020), il tasso di occupazione è tornato allo stesso livello (59%), mentre il tasso di disoccupazione, al 9%, è ancora inferiore di 0,6 punti mentre quello di inattività è salito dal 34,6% al 35,1%. Mancano,oggi, all’appello 286 mila posti di lavoro persi durante la crisi Covid, che ancora non sono stati recuperati nonostante il tasso di occupazione sia fermo al 59%, lo stesso di febbraio 2020, nel frattempo la popolazione italiana tra i 15-64 anni è diminuita di 492 mila unità , il fattore demografico comincia a farsi sentire pesantemente sul mercato del lavoro.

Il rimbalzo occupazionale non c’è, si sta definendo una presenza di contratti a tempo determinato  e precari, molto forte, dovremmo non attendere la fine dell’emergenza per affrontare il tema della precarietà, se non lo affrontiamo, ci sono corollari sociali e previdenziali che rischiano di diventare irrecuperabili. La grande contraddizione è quella che in Italia ci sono tanti, troppi posti di lavoro vacanti in settori come la ristorazione e il turismo, ma, dall’abolizione della scala mobile i CCNL non hanno più portato una lira nelle tasche dei lavoratori (non parlo di contratti sottoscritti da organizzazioni non rappresentate al Cnel) che risultano essere 353 su ma anche di quelli sottoscritti dai sindacati e dalle associazioni datoriali che pur rappresentate al CNEL hanno smembrato e giocato a dadi diritti e salari dei lavoratori. 933 (pari al 38%).   Ho da sempre sostenuto che serve il salario minimo e dove la contrattazione non funziona, allora la contrattazione va fatta funzionare, altrimenti bisogna mettere in conto che un investimento nel Pnrr non deve essere dirottato sui salari degli italiani,  possibilmente in modo consensuale, se non possibile anche con l’onere del legislatore per dare una risposta,altrimenti si vivrà di sussidi e non di lavoro.

Alfredo Magnifico