Si è aperta una querelle sull’esigenza di aumentare le retribuzioni tra il titolare del ministero del Lavoro Andrea Orlando e il presidente degli industriali che propone di estendere l’applicazione del trattamento economico complessivo dei contratti più rappresentativi di un settore a tutti i lavoratori di quel settore, di certo, questo non risolverebbe il tema dell’adeguamento all’inflazione, ma comincerebbe ad affrontare la questione del lavoro povero, sempre che non scatti il famoso detto; fatta la legge trovato l’inganno.
L’Italia dal 1990 risulta l’unica nazione in Europa dove i lavoratori non solo non hanno visto aumentare i loro salari ma addirittura l’ hanno visto diminuire del 2,90% è urgente l’esigenza di adeguare i salari italiani all’inflazione è una delle condizioni per evitare la recessione.
Fa specie che da noi si alzano gli scudi proprio dal mondo delle imprese, che in quel caso sarebbero le prime a pagare il prezzo più alto.
Altra lagna sempre dal mondo imprenditoriale riguarda la carenza di manodopera con questi chiari di luna se si vuole manodopera occorre assumere di più e pagare di più, soprattutto i giovani e i migliori laureati.
La soluzione richiede diversi ingredienti: la tempestività del rinnovo dei contratti,alcuni contratti sono decenni che non vengono rinnovati,una volta rinnovati che siano effettivamente applicati.
Il Cnel assuma il ruolo guida di esaminare i contratti chiedendo l’eliminazione dei contratti pirata, e si blocchi una volta per tutto la terziarizzazione, l’esternalizzazione e il lavoro interinale. Per non parlare del lavoro nero.
Siamo il Paese che più di altri ha una presenza di lavoro nero, di elusione e di mancata applicazione delle regole».
Lo scontro tra Bonomi e Orlando continua. Il numero uno di Confindustria dal palco di Assolombarda ha accusato il Ministro di aver trattato le imprese come bancomat per la cassa integrazione, il ministro risponde: «Presumo non gli sia piaciuto che abbia posto il tema del rinnovo dei contratti e dei salari, posto anche dal commissario europeo Schmit.
Personalmente ho sempre sostenuto che tutte i lavoratori abbiano diritto ad ammortizzatori sociali e che tutte le aziende di tutti i settori contribuiscano al fondo,nel settore degli alberghi è dagli inizi degli anni settanta che si era costituito un fondo di finanziamento degli alberghi,alimentato da due terzi dai datori di lavoro e un terzo dai lavoratori e fungeva da sostegno al reddito in momenti di crisi.
Finalmente con il ministro Orlando per la prima volta la riforma degli ammortizzatori chiede in modo commisurato un contributo a settori che non l’avevano mai dato.
Finalmente Orlando ha fatto una proposta sul salario minimo spiegando che anche se si arrivasse a una legge dovrebbe avere a monte un accordo con imprese e sindacati, però i patti bisogna farli, ricordo quando la politica era seria e il governo governava il ministro Donat Cattin in una notte sbloccò il contratto del Turismo, ministro li può promuovere, di certo,non si può sostituire alle parti sociali,ma se si evocano e non si fanno, la politica ha il dovere di assumere l’iniziativa e di coinvolgere tutte le parti sociali ad evitare Piraterie contrattuali.
La proposta estendere l’applicazione del trattamento economico complessivo dei contratti più rappresentativi di un settore a tutti i lavoratori di quel settore, non risolve il tema dell’adeguamento all’inflazione, ma comincerebbe ad affrontare la questione del lavoro povero.
Il mercato del lavoro italiano ha diversi problemi: entrano meno lavoratori di quelli che ne escono, perché altrove i salari sono più alti, le imprese europee sono più grandi delle nostre e la loro produttività è cresciuta più che da noi, i salari sono cresciuti meno della produttività.
Facciamoci una domanda e diamoci una risposta, senza troppi sofismi come sono soliti esternare le fumose parti sociali: come si trattiene manodopera qualificata? come si attrae?
Di certo stipendi da fame e precarietà non son un’attrazione per la manodopera qualificato e non.
Colpa del reddito di cittadinanza? Ma Va.. la media del reddito è di 580 euro, con modifiche, dopo due chiamate congrue, si perde l’assegno.
Dati ministeriali dicono i percettori del reddito in tutto sono tre milioni di persone, un terzo, 900mila è occupabile, di questi, il 20-22% ha un impiego, che non gli fa superare la soglia di povertà, ne restano 750mila, il 55% donne, molte con bambini difficilmente occupabili in settori come edilizia e agricoltura, il 45% uomini, due terzi del Sud.
Nelle aree in cui c’è una carenza di manodopera ci sono 300mila percettori di reddito, un numero consistente conun livello di scolarizzazione che non raggiunge la terza media, inoltre negli ultimi tre mesi,sono scesi, di 50mila unità al mese.
Il reddito di cittadinanza non c’azzecca niente con la mancanza di manodopera, invece un sacco di giovani vanno via dall’Italia e questo deve far riflettere sul tipo di lavoro che viene offerto, non voglio epitetare qualche testona che dice:” non vogliono far niente” se fosse così non li troveremmo al lavoro in tutte le principali città europee.
La questione è sociale, si parla di salari, di mancanza di manodopera, l’unica risposta che arriva è che bisogna togliere il reddito di cittadinanza.
Il vero problema è che c’è tanta dissolutezza, tanto cinismo e immenso menefreghismo da parte della politica, condito da tanto assenteismo da parte di chi dovrebbe levare la voce a sostegno dei lavoratori.
Alfredo Magnifico Segretario Generale Confintesa Smart