Sono d’accordo sulla necessità di introdurre per legge un salario minimo per superare l’ingiustizia sociale che coinvolge milioni di lavoratori pagati 4-6 euro ora, anche meno, non organizzati nel sindacato e non tutelati dalla contrattazione.
La mia cultura maturata in 40 anni di esperienza sindacale Cisl,oggi continua in Confintesa al servizio degli ultimi, privilegia la contrattazione rispetto agli interventi legislativi, in tempi ormai lontani ho contrattato il salario anche per i lavoratori stagionali e extra degli alberghi-
Una delle prime proposte di introduzione del salario minimo per legge venne avanzata dalla CISL, quando i dirigenti della Cisl pensavano, che indicava la possibilità di un’applicazione dell’articolo 36 della Costituzione che affidasse alla legge la determinazione della retribuzione “sufficiente”, mentre la contrattazione collettiva (cioè un contratto nazionale e i contratti aziendali o territoriali) dovesse servire a fissare la retribuzione “proporzionata” al lavoro svolto.
La questione salariale ci deve far prendere atto che ci sono persone che operano in lavori impegnativi o faticosi e poco pagati e che genera profonde disuguaglianze tra chi vive di lavoro, una questione non solo economica ma etica e politica.
Il salario minimo definito per legge è un passo necessario, anche se è un’illusione che possa risolvere la questione del lavoro poco pagato e non tutelato.
Servirebbe trasformare la precarietà dei lavori a tempo determinato che genera reddito annuale povero e garantisce flessibilità alle imprese, con lavoratori coperti da CCNL e rapporto di lavoro a tempo indeterminato; inoltre sarebbe indispensabile bloccare la cascata dei subappalti.
Sarebbe compito del sindacato, meglio del CNEL, produrre un’analisi approfondita e dettagliata delle retribuzioni e vedere come la componente salariale incida sull’occupazione e sul crescere del lavoro flessibile.
Il sindacato dovrebbe riconcettualizzare l’idea di lavoro, quello classico frutto delle lotte degli anni 70 è tramontato, avanzano i nuovi lavori privi di tutele e salari da fame.
Il dibattito sul salario minimo non si esaurirà in tempi brevi: se la quota minima è comprensiva di minimo tabellare, degli scatti di anzianità, di mensilità aggiuntive (tredicesima) e delle indennità varie, bisognerà fissare i paletti di come evitare il rischio che le aziende utilizzino la normativa legislativa per sottrarsi al confronto sindacale e alla contrattazione collettiva.
Essere a favore del salario minimo per legge non significa non avere presente i rischi che comporta un intervento legislativo in materia di pertinenza sindacale, questo non deve portare a negare la necessità del provvedimento, ma obbligare a pensare già dall’inizio alle modalità della sua gestione sindacale.
Ricordo quanti sindacalisti vecchia maniera si stracciavano le vesti di fronte alla legge 300 del 1970-Lo Statuto dei Lavoratori-ma poi tanti benefici e sicurezza ha dato al mondo del lavoro per circa 50 anni, fino a che un Attila moderno non lo ha azzerato, un provvedimento di questo genere potrebbe incidere sulle relazioni industriali e trasformalo in una base o piattaforma di rilancio dell’azione contrattuale.
Addetti alle pulizie degli uffici, OSS, ausiliari, infermieri dipendenti di cooperative operanti in appalto, addetti al rimpiazzo di merci sugli scaffali e Riders che consegnano pizze o altre cose, spesso subiscono ricatti salariali e negazione di diritti, questi lavoratori hanno bisogno di essere tutelati e se per questi serve una legge ben venga, diversamente, come si è già visto per i rider, bisogna attendere la giurisprudenza e le sentenze dei Tribunali perché abbiano giustizia e dignità.
Anche allora la Cisl manifestò contrarietà o scetticismo (si oppose) allo Statuto dei lavoratori diffidando dell’intervento legislativo, poi grazie a un forte dibattito interno, la Cisl si convinse della sua necessità, e attraverso la ferma determinazione del ministro del Lavoro Carlo Donat Cattin, uno dei padri fondatori della Cisl, consentì di portare in porto la proposta Brodolini e incardinare nella realtà del lavoro quello straordinario intervento di legislazione di sostegno (in gran parte già conquistato nei CCNL delle categorie più forti) che consentì di rafforzare la costruzione del sindacato nelle fabbriche e la contrattazione integrativa categoriale, ma soprattutto di portare dentro i posti di lavoro il riferimento alla Costituzione.
Esistono lavori senza copertura contrattuale, sottoposti a forme di sfruttamento e bassi salari, la situazione coinvolge una minoranza del mondo del lavoro, ma riguarda milioni di persone, in particolare donne e giovani, immigrati e genitori single che nonostante abbiano un lavoro rasentano una condizione di povertà.
Per come la vedo io, da vecchio sindacalista, se eserciti un lavoro dovresti guadagnare abbastanza per tirare avanti e per costruire una vita dignitosa, così scrissero i padri costituenti.
Gli sforzi per introdurre il salario minimo devono essere fatti, non solo per tutelare tutti coloro che per vivere devono lavorare, ma diventa importante per l’insieme delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti anche di quelli coperti contratto firmati da sindacati maggiormente rappresentativi che precedono salari da fame e condizioni di schiavitù- lavori in appalto, agenzie di lavoro interinale etc…
Cadere o rimanere in povertà non è una condizione che – nella stragrande maggioranza delle situazioni – nasce dalla volontà soggettiva, ma ha sempre origini sociali, economiche, culturali e politiche ed è su questi che bisogna agire.
Costruire una legislazione di sostegno, di cui il salario minimo fa parte, è un importante tassello che impedisca basse remunerazioni, realizzi una diga che impedisca scivolamenti verso il basso e introduca una sorta ascensore che spinge verso l’alto.
Ricordo Valletta l’allora grande dirigente della Fiat che affermava:” è immorale che un dirigente guadagni più di dieci volte quello che guadagna un operaio” ai tre che si autodefiniscono i rappresentanti del mondo del lavoro, invece di andare a cercare Maria per Roma suggerisco una proposta choc, -il reddito annuale delle figure professionali definite nei CCNL siano rapportate a quelle dei manager, dirigenti e amministratori delegati-.
In diversi studi l’impatto dell’aumento del salario minimo non ha comportato un impatto negativo sull’occupazione, anzi, in alcuni casi l’effetto è stato positivo,ma ha avuto effetti positivi anche su altri parametri: la spinta all’aumento dell’efficienza e della produttività delle imprese, un maggiore gettito fiscale e contributivo, una crescita della domanda aggregata in assenza di effetti diretti sui livelli occupazionali, miglioramento della qualità della vita dovuto all’aumento del reddito disponibile delle famiglie con più bassi salari.
I salari faticano a tenere il passo con l’inflazione, non garantiscono il potere d’acquisto dei salari medi e, cosa più drammatica, non riescono a tenere il passo con i redditi degli amministratori delegati, si accresce la disuguaglianza, i lavoratori a basso salario non beneficiano della crescita economica e della produttività.
Le persone emarginate, a basso salario, trarrebbero beneficio dall’introduzione del salario minimo; l’inflazione ha reso questa norma più necessaria e urgente, milioni di persone sono scivolate nella povertà e affrontano l’insicurezza alimentare.
Aumentare il potere d’acquisto, mettendo soldi nelle tasche dei lavoratori, per la spesa ha effetti positivi; stimolerebbe la domanda dei consumatori, e consentirebbe di mantenere o assumere nuovi dipendenti.
Alfredo Magnifico