In tutta Europa i salari salgono ma in Italia no

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Alfredo Magnifico

L’Italia in 50 anni è passata da quarta potenza mondiale per Pil e benessere, a sprofondare ai livelli di un paese in via di sviluppo, per sperequazione sociale, con una classe media annientata da inflazione e fasce di popolazione che rasentano la soglia di povertà.

Uno studio di Bloomberg riporta che nell’ultimo anno gli aumenti dei salari minimi nei paesi europei hanno compensato abbondantemente l’inflazione… tranne che in Italia.

Il lento, inesorabile, declino del paese non deriva dall’euro ma dalla mancata indicizzazione delle retribuzioni all’inflazione; negli ultimi 20 anni abbiamo avuto un’inflazione media annua del 2% (con picchi molto più alti nel 2022) mentre gli stipendi sono rimasti sostanzialmente fermi al palo se non addirittura diminuiti.

Gli unici. veri responsabili del disastro sono gli appartenenti alla classe dirigente che hanno (non)governato ma depredato il paese negli ultimi decenni, a cui chiaramente fa gioco dare, o che si dia la colpa di tutto, all’euro, che è la moneta anche degli altri paesi europei dove la rivalutazione degli stipendi è andata di pari passo con l’inflazione.

Una nota di Istat e Bankitalia riporta che l’inflazione ha corroso la ricchezza delle famiglie italiane: solo nel 2022 con un calo del 12,5% in termini reali.

Ignazio Silone riportava: “Nei tempi moderni la morte di una democrazia è il più spesso un suicidio camuffato. La sua linfa vitale un regime di libertà dovrebbe riceverla dall’autogoverno delle istituzioni locali. Dove invece la democrazia, spinta da alcune sue tendenze deteriori, soffoca tali autonomie, non fa che divorare sé stessa. Se nella fabbrica regna l’arbitrio padronale, nel sindacato la burocrazia, nel comune e nella provincia il rappresentante del potere centrale, nelle sezioni locali dei movimenti politici il fiduciario del capo del partito, lì non si può più parlare di democrazia”. (Ignazio Silone, La scuola dei dittatori).

Oltre al danno, la beffa (Presa per il culo) con il cambio di governo assistiamo a notiziari con lo “sbandieramento” a reti ed edicole unificate di politici e opinionisti che parlano senza vergogna di “crollo dell’inflazione”, senza sapere neanche di cosa parlano.

I prezzi oggi sono sui livelli più alti di sempre (faccio tutti i giorni la spesa, metto benzina e pago le utenze) e ci resteranno ancora a lungo, dato che l’unico scenario in grado di innescare la discesa reale dei prezzi sarebbe quello di una deflazione, seguita ragionevolmente da una recessione economica.

L’unica cosa che, forse, sta calando è il tasso di aumento annuale dell’inflazione; nel 2022 è stata dell’8.1%, mentre, nel 2023 è aumentata “solo” del 5,3% (Istat), magra consolazione.

La prossima volta che sentite un politico o un opinionista parlare di “crollo dell’inflazione”, siete autorizzati a fargli una pernacchia con un sonoro Vaffa.

Alfredo Magnifico