Tar Lazio: quote rosa per i commissari esterni di concorsi al Comune

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La trasparenza nei concorsi dovrebbe essere un fatto normale, ma si sa che in Italia che paese normale non è, tale requisito diviene un optional anche se il concorso è stato già annullato dal Consiglio di Stato. Per tali ragioni Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” riporta la sentenza n. 42/2011 del Tar Lazio, con la quale è stato espresso il principio secondo cui se il concorso è stato annullato, il Comune deve sostituire tutti gli esaminatori, rivolgendosi stavolta a esperti esterni all’ente, e garantire la presenza di almeno una donna nella nuova commissione che dovrà giudicare le prove.
La vicenda che dura ormai da circa quindici anni, nasce da un concorso per un posto di lavoro in un comune, annullato dal Consiglio di Stato perché uno dei candidati aveva violato le regole dell’anonimato della prova avendo lasciato dei segni di riconoscimento nel proprio elaborato. L’amministrazione locale nel procedere con il nuovo concorso aveva confermato gli esaminatori uscenti, interni all’ente, tranne due commissari che nel frattempo erano andati in pensione e perciò sostituiti da altri dirigenti interni.
Anche questa volta il ricorrente non si è perso d’animo ed ha contestato la procedura di nomina dei “nuovi” commissari, poiché ha ritenuto come confermato dalla corte amministrativa, che il Comune nell’eseguire la sentenza di Palazzo Spada non ha seguito i ragionevoli criteri di trasparenza ivi dettati.
Secondo i giudici del Tar i nuovi esaminatori sarebbero dovuti essere tutti esterni all’ente, dal momento che l’annullamento del precedente concorso è stato dettato dall’ovvio sospetto che la prima commissione abbia favorito il vincitore della prova.
Peraltro, secondo i giudici amministrativi, nella composizione della nuova commissione il comune dovrà assicurare la presenza di almeno una donna commissario per l’ovvia esigenza di garantire le pari opportunità, nonostante le norme che la prevedono abbiano natura programmatica.